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Tarquinia è un Comune di 16.269 abitanti (dati ISTAT al 30/11/2019) della provincia di Viterbo nel Lazio. Il paese, che si trova a 133 m d’altitudine, confina con Montalto di Castro e Monte Romano e Tuscania, tutti in provincia di Viterbo; e con Allumiere, Civitavecchia e Tolfa, questi ultimi in provincia di Roma.

Tarquinia, che era una delle città etrusche più importanti e nella sua storia, ha cambiato diverse volte il suo nome: i greci chiamarono la città Tarchonion, gli etruschi, probabilmente, Turchuna, Tarchna o Tarxuna e i romani Tarquinii.

Nel Medioevo la città si chiamava Corneto, quando nel 1872 venne ribattezzata come Corneto-Tarquinia; dal 1922 invece prese il solo nome di Tarquinia.

Storia di Tarquinia

Nel primo periodo etrusco fino alla prima metà del VII sec. a. C., Tarquinia era certamente la capitale culturale e religiosa dell’Etruria; ma anche successivamente rimase uno dei centri politici, economici e culturali più importanti dell’Etruria e, in fine, nel corso del IV secolo aC fu l’avversario più temibile di Roma che era ai suoi primordi.

Poi, nel 281 aC Tarquinia, dopo essere stata più volte in guerra con Roma, finì per essere sottomessa da quest’ultima per restare sotto il dominio dell’Impero Romano fino alla fine del V secolo, quando “Tarquinii” passò sotto il regno di Teodorico il Grande, re degli ostrogoti.


la fontana a piazza Giacomo Matteotti

Nella 553 si trovò coinvolta nella guerra greca-gotica tra bizantini e ostrogoti e nella seconda metà del secolo entrò a far parte del longobardo Ducato di Tuscia (576-797), che comprendeva gran parte dell’odierna Toscana e della provincia di Viterbo.

Nella seconda metà dell’VIII secolo, la Tuscia fu prima conquistata dai carolingi e poi, tra il 781 e il 789, fu donata al Pontefice. Nel 1144 Corneto divenne libero Comune e stipulò dei patti commerciali con Genova e Pisa. Nel XIII secolo resistette all’assedio di Federico II di Svevia. Nel XIII e XIV secolo Corneto si scontrò con Viterbo e Roma, che intendevano imporre il loro dominio. Alla fine Corneto ridotta all’obbedienza dal cardinale Egidio Albornoz (1355) e da quel momento rimase stabilmente sotto lo Stato Pontificio.

Nel 1435 papa Eugenio IV elevò Corneto al rango di “Civitas” e di sede vescovile, come premio al cardinale Giovanni Maria Vitelleschi, nativo di Corneto, per aver ristabilito il dominio papale sullo Stato della Chiesa.

Gli albanesi di Corneto

Secondo documenti conservati nell’Archivio Storico del Comune di Tarquinia, si hanno le prime notizie relative alla presenza degli albanesi a Corneto a partire dal 1458, quando papa Pio II (al secolo Enea Piccolomini), il 17 settembre di quell’anno, scrive al “dilecto filio nobili Viro Comiti Pitigliani intus”, Aldobrandino II Orsini, che un “certo uomo albanese nella recente estate trascorsa... ha incendiato nel territorio cornetano una gran quantità di frumento e poi di aver trovato rifugio, con la fuga, nel tuo castello dove tuttora si trova”.


uno scorcio del quartiere della "Zinghereria" un tempo abitato dagli albanesi

Sappiamo anche che nel 1484 andarono ad abitare a Corneto molte famiglie albanesi, prevalentemente soldati (stradioti), a cui si aggiunsero via via altre famiglie.


donne albanesi adornate da piccole medaglie
(immagine tratta un documentario
dell’Istituto Luce del 1939)

Gli statuti di Corneto del 1545 disposero che la comunità doveva assicurare la disponibilità (per quanto non gratuita, si crede) a per qualunque forestiero volesse stabilirsi in città, del terreno sufficiente a costruire una casa e a impiantare una vigna, il permesso di possedere dieci vacche e 50 pecore e l’esenzione fiscale per un decennio.

Il 5 ottobre 1592, Flaminio Delfino, colonnello dell’esercito Pontificio, arrivò a Corneto per ristabilire la società dei militi lancieri del capitano Elia Caputio (anche Caputii, Capuzio) albanese.

Sempre nella stessa data, venne inviato un ordine al colonnello Delfino, relativo alla dislocazione delle truppe pontificie nello Stato della Chiesa. Tra queste dislocazioni compare la Compagnia di Albanesi del Capitano Michele Papada (Papadà) alla quale venne ordinato di andare a prestare servizio nel territorio di Ancona, nelle marine e, quando necessitava, anche in quello di Jesi.

uno scorcio del quartiere della "Zinghereria" un tempo abitato dagli albanesi

In una lettera del 19 novembre della 1592 inviata dalla comunità di Corneto a Teophilo Scauri, Procuratore di Roma, si evince la venuta di una compagnia di soldati albanesi a cavallo del Capitano Elia Caputio i quali, dal momento che erano arrivati, avevano cominciato a mancare di rispetto, cosicché la comunità chiese un provvedimento per farli allontanare, altrimenti potevano nascere notevoli disordini. Inoltre gli albanesi volevano che la comunità li provvedesse di 40 o 50 rubia d’orzo, il che non era possibile perché a Corneto non si trovava orzo. Non si accontentavano del fieno che gli dava la comunità, tanto che ne rubarono nei magazzini, non tralasciando quant’altro vi trovavano.

Poi, col passare del tempo, gli albanesi di Corneto vennero incorporati nel tessuto sociale. Dalla genealogia delle famiglie di Corneto risultano cognomi di origine greca, come Anastasi e Teofili, e cognomi di origine albanese, come Alessi, Conti, Groppa (Groppi), Luzi (de Lucis).

Monumenti e luoghi di interesse

Il rione della Zinghereria

La tradizione di Tarquinia vuole che il quartiere storico conosciuto come “Zinghereria”, abbia preso il nome dagli albanesi che vi abitavano. Questo in passato era un agglomerato di abitazioni nel terziere di San Martino, noto in precedenza come il Terziere del Poggio. L’appellativo di “Zinghereria” si riscontra la prima volta, secondo un documento dell’Archivio Storico Comunale, nel Catasto Urbano del 1798 come “contrada di Zinghereria”.

Secondo Bruno Blasi, studioso di Tarquinia, gli abitanti della città spesso avrebbero confuso gli albanesi con gli zingari, osservando in particolare le donne albanesi indossavano pantaloni di stoffa assai leggera, stretti alle caviglie, con corpetto e cappello adornati di piccole medaglie metalliche e riccamente decorati di sgargianti ricami. tipici delle zingare. E poiché l’abbigliamento delle donne albanesi era molto simile a quello delle zingare, il paragone fu facile e, di conseguenza, fu facile chiamare “Zinghereria” il rione abitato dagli albanesi.

Il Museo archeologico nazionale di Tarquinia

Il Museo archeologico nazionale di Tarquinia è uno dei musei più importanti della civiltà etrusca ed è ospitato all’interno del Palazzo Vitelleschi, nel centro storico della città.


Palazzo Vitelleschi, sede del Museo Archeologico nazionale di Tarquinia

Al suo interno possiamo ammirare diversi reperti romani ed etruschi, ricostruzioni di tombe, il ripristino degli affreschi originali di tombe trasferiti dalla necropoli dei Monterozzi, ecc..

La Concattedrale di Santa Margherita

Il principale luogo di culto di Tarquinia è la concattedrale di Santa Margherita, sede della parrocchia dei Santi Margherita e Martino.

La Concattedrale è stata edificata nel 1260 e fu ampliata nel XV secolo per volere del vescovo Bartolomeo Vitelleschi. Nel 1643 fu distrutta da un terribile incendio ma venne ricostruita in breve tempo; con un intervento terminato nel 1874, venne restaurata e modificata secondo il progetto di Francesco Dasti per l’interno e di Pietro Magnani per la facciata.

La Chiesa di Santa Maria in Castello

Il progetto della chiesa ebbe inizio nel 1121 e fu terminata 86 anni dopo, cioè nel 1207. L’architettura dell’edificio rispetta pienamente i canoni romanici tipici dell’Alto Lazio e presenta chiari influssi dell’arte toscana e lombarda. Nella facciata rettangolare sono presenti tre portali, il più importante dei quali è quello centrale, sopra il quale si apre una finestra bifora.

L’interno della chiesa si articola in tre navate: la navata centrale è composta da cinque campate mentre le navate laterali da 10. Le tre navate sono coperte da volte a crociera. Il pavimento della chiesa si compone di mosaici a motivi geometrici.

Le altre chiese di Tarquinia

A Tarquinia possiamo ammirare ancora altre Chiese, tra le quali la Chiesa della Santissima Annunziata, dove si notano influssi arabi e bizantini; la chiesa di San Giuseppe, dove è presente una pregevole statua rappresentante il Cristo Risorto; la Chiesa di San Leonardo; la Chiesa sconsacrata di San Pancrazio, dove forme gotiche si innestano su quelle romaniche; la Chiesa di San Francesco; la Chiesa di San Giovanni la Chiesa di San Martino, probabilmente la più antica della città; la Chiesa di San Giacomo e l’adiacente Chiesa del Salvatore; la Chiesa del Suffragio, classico esempio di edificio barocco.


la chiesa di San Martino nel quartiere della Zinghereria

La necropoli dei Monterozzi

Certamente da visitare è la necropoli etrusca di Monterozzi. Qui sono da ammirare gli affreschi delle tombe che rappresentano il più importante esempio esistente dell’arte pittorica etrusca. Le pareti delle camere funerarie sono decorate con scene di carattere magico-religioso raffiguranti banchetti funebri, danzatori, suonatori di aulos, giocolieri, paesaggi, ecc.

Tra le tombe più interessanti troviamo quelle del Guerriero, della Caccia e della Pesca, delle Leonesse, degli Auguri, dei Giocolieri, dei Leopardi, dei Festoni, del Barone, dell’Orco e degli Scudi.

Molti dei reperti trovati nella necropoli sono raccolti nel Museo archeologico nazionale di Tarquinia; tra questi sono da citare diversi rilievi su lastre di pietra; notevole anche il sarcofago calcareo della tomba dei Partunu.

Letture consigliate

Allegretti, Girolamo, L'apporto marchiggianao al popolamento di Corneto, Società Tarquiniense d'Arte e Storia, Tarquinia, 1986;

Blasi, Bruno, Gli albanesi a Corneto e nel patrimonio di San Pietro in Tuscia, Società Tarquiniense d'Arte e Storia, 1988;

Dasti, Luigi, Notizie storiche e archeologiche di Tarquinia e Corneto, Tipografia dell'Opinione, Tarquinia 1878;

De Dominicis, Claudio, Genealogie delle famiglie di Corneto (oggi Tarquinia, Roma, 2012;

Giampietro, Franco M., Insediamenti albanesi in Tarquinia, in: Katundi Ynë, Civita, 1982/2;

Polidori, Muzio, Le Croniche di Corneto, Società Tarquiniense d'Arte e Storia, Tipografia Ceccarelli di Grotte di Castro, 1977;

Ruspantini, M., Gli statuti della città di Corneto, MDXLV, Tarquinia 1982, cap. XIII del lib. V.

Valesio, Francesco, Manoscritto Vallesiano, Archivio della Società Tarquiniense d'Arte e Storia.

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