Chieuti (in lingua arbëreshe: Qefti) è un comune della provincia di Foggia limitato a est dal mare Adriatico, a nord dal torrente Saccione e a sud dal fiume Fortore. Il suo territorio comprende l′area dove sorgeva l′antica città di Cliternia Frentana, distrutta dai Goti nel 495 d.C.

Chieuti, insieme a Casalvecchio di Puglia e agli insediamenti albanesi del Molise, in tempi passati apparteneva alla Capitanata che corrispondeva, all’incirca, all’antica Daunia e all’odierna provincia di Foggia. Comprende la parte settentrionale della regione Puglia, con il Tavoliere delle Puglie, il Gargano e il Subappennino Dauno.

Chieuti si presenta come un borgo fortificato. Infatti quello che oggi è il centro storico, è circondato dalle mura con quattro torri ottagonali agli angoli delle stesse.


una via del centro storico

Risale a 5.000 i segni della civiltà neolitica nel territorio di Chieuti, mentre nel primo millennio a.C. troviamo la presenza dei Dauni (una sottotribù degli Iapigi, a loro volta una popolazione di probabile origine Illirica), i quali vennero sottomessi dai Romani intorno al terzo secolo a.C.

Dopo la romanizzazione, è confermata la costruzione di un villaggio a “Malchieuti”, chiamato “Pleutum”; secondo l'Arcivescovo Giovanni Andrea Tria (1676-1761), il casale di “Pleutum” sarebbe stato costruito e popolato dai superstiti dell'antica “Cliternia Frentana” dopo la sua distruzione.

In un manoscritto del 1200, durante il regno di Federico II di Svevia (1198 – 1250), si legge di un “Comite Pleuctum”. Di un “Pleuti” si parla nelle bolle di Papa Lucio III1 (1181-1185) e di Innocenzo IV2 (1234-1254); nei Sinodi Diocesani si trova nominato “Archipresbyter Pleuti”.

L′insediamento degli albanesi risale al 1468, dopo la campagna militare di Scanderbeg in Italia. Le truppe di Scanderbeg, tra il 1460 e il 1461, avevano combattuto in sostegno del Re Ferdinando I d′Aragona contro diversi baroni locali che sostenevano Renato di Valois-Angiò, pretendente al trono di Napoli.


una delle porte di ingresso al borgo fortificato

Nel 1460 Giorgio Castriota Scanderbeg inviò, sotto il comando di suo nipote Ivan Strez Balsic, un corpo di spedizione di circa 500 soldati affinchè aiutassero il Re spagnolo di Napoli, Ferdinando I d'Aragona, nella lotta contro Giovanni d'Angiò. Il 31 ottobre del 1460 Ivan Strez Balsic sgominò le truppe partigiane di Giovanni d'Angiò guidate da Piccinino.

Quando la situazione divenne critica, Scanderbeg, il 17 aprile 1461, concluse con gli ottomani un armistizio di tre anni e, il 25 agosto 1461, raggiunse la Puglia con un contingente di 1.000 cavalieri e 2.000 fanti. Poi, il 18 agosto del 1462, Scanderbeg sconfisse definitavamente i sostenitori di Renato di Valois-Angiò nella battaglia di Orsara (Terrastrutta, località vicino a Greci, oggi in Campania).


costume storico di Chieuti

Molti dei suoi soldati rimasero nell'odierna Molise, altri soldati si stabilirono in diverse località della Puglia, come vuole la tradizione, restarono una trentina di soldati come guarnigione che il re di Napoli, Ferdinando d'Aragona, volle nei pressi di Serracapriola (a ca. 4 km da Chieuti) per tenere a bada il barone ribelle Pietro Guevara, e che i nuovi profughi, qui giunti nel 1468, andarono ad unirsi ai connazionali in armi già stanziati nel feudo confiscato al feudatario ribelle.

Secondo una relazione dell'ingegnere Aristotile Nugera, nel 1468, alla colonia albanese venne assegnato dall'università di Serracapriola Malchieuti vecchio che comprendeva Ischia Rotonda, San Giacomo, San Leonardo e Colle Finocchio (Selva Marina) verso l’Adriatico. Per l'aumento della popolazione, il 1495, Chieuti ricevette la sua seconda concessione dove risultano Campodibove, Mezzarrazza, Malchieuti nuovo, San Vito, Bivento, Viarelle, Caccetta, Cerciara, Montesecco e Saccione.

Nel 1566, quando gli ottomani depredarono parecchie città tra le quali anche Serracapriola, si avviarono verso Chieuti. Passando davanti al monastero dei Cappuccini, distrussero anche quello insieme alla chiesa. Qui avvenne un fatto che salvò i chieutini. Si racconta che, un turco che voleva fare bottino degli ori e degli argenti che circondavano il quadro della madonna, salì sull'altare e strappò quadro e donativi. L'altare in legno non resse al suo peso e si spezzò e il guerriero precipitando di testa sui gradini morì. Parve un miracolo anche agli ottomani che fuggirono, tornando alle loro galee. 

Verso il 1680 giunsero da Maina della Morea diversi profughi che si stanziarono a Chieuti. Questi erano guidati da due fratelli, Giorgio e Macario Sevastò, il primo monaco e l′altro laico. I capitoli di fondazione di Chieuti riportano la data del 1680 e furono stesi con Mons. Ferdinando Apicella.

In Puglia, la comunità albanese che ha resistito più a lungo nella conservazione del rito bizantino a quello latino è stata quella di Chieuti, poi, nel 1774, il rito è stato soppresso. Comunque ancora oggi molti tra gli anziani parlano la lingua arbëreshe ed anche la cultura e le tradizioni del paese d'origine sono abbastanza ben conservate. I cognomi di origine albanese più diffusi sono: Braccia, Brunetti, Dambra, Dardes, D′Ermes, Grima, Occhionero, Tafani, Vitale.

La carrese e il tarallo di Chieuti

Il 22 aprile si rinnova annualmente a Chieuti la carrese, la tradizionale corsa dei carri trainati da buoi. La corsa nasce dalle tradizioni legate al culto di San Giorgio.

I festeggiamenti a San Giorgio durano dal 21 al 24 aprile e sono caratterizzati da tradizioni singolari come la benedizione dell′alloro, simbolo della vittoria, che viene distribuito a tutte le famiglie di Chieuti che poi lo esporranno come prezioso ornamento all′esterno delle loro abitazioni; vi è poi e l′offerta del Tarallo, che consiste in una grossa ciambella del peso di circa 80 chili, fatta di caciocavallo, intrecciata tutt′intorno, adornata da uccellini e cestini, e sormontata dalla statua di San Giorgio a cavallo che uccide il drago e salva la principessa.

Dopo la tradizionale corsa dei carri trainati da buoi, che termina il 23 aprile, ai vincitori del Palio, viene consegnato il Tarallo di Caciocavallo, che verrà portato in processione insieme alla statua di San Giorgio.

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