Secondo alcuni il toponimo di Rionero deriva dal nero ruscello che attraversa il paese dividendolo in due parti. Rionero, come “Casale di Santa Maria di Rivo Nigro” presso Atella, nella diocesi di Rapolla, appare per la prima volta nella bolla di Papa Eugenio III del 9 giugno del 1152 che conferma al vescovo Ruggero di Rapolla alcuni possedimenti.

Con l’avvento degli Angioini, nel 1269 Rapolla, compreso Rionero, divenne feudo di Antonio de Capris, nel tempo in cui era Vescovo il canonico Bartolomeo (1266-1275). Un’altra citazione compare in un documento angioino del 1277 che parla di “Universitas Rivinigri”.

Nel 1316, in seguito a un bando di Carlo d’Angiò, duca di Calabria e principe ereditario del Regno di Napoli, che accordava esenzioni e immunità fiscali per 10 anni per ricostruire Atella, Rionero venne abbandonato dai suoi 200 abitanti.

Dopo solo due anni, nel 1318, il vescovo Bernardo chiese e ottenne, invano, di ripopolare “de gentibus de Regno aut exteris il morto casale”, ricostruendolo più in su, presso la chiesa di Sant’Antonio Abate, “positam inter casale Rivinigri et casale Barilis”, là dove si diceva che fosse già esistito un altro casale.

Nel 1332, Bernardo di Palma, vescovo di Rapolla, ottenne il permesso di riedificare il casale con diploma di Roberto d’Angiò, Re Napoli. Rionero venne ricostruito più in alto, nei pressi della chiesa di Sant’Antonio Abate; per queso motivo sui registri dell’epoca figura “Rivinigri noviter”, come casale di Atella. Successivamente, Rionero, non apparve più né nel cedolario della regina Giovanna I del 1344 e neppure in quello di Giovanna II del 1415.


la chiesa di Sant'Antonio Abate

Tra agosto del 1477 e gennaio del 1478 raggiunsero l’Italia meridionale altri esuli albanesi di Scutari. La loro fuga fu causata dalla campagna ottomana sotto Maometto II. Re Ferdinando I di Napoli accolse gli esuli e li distribuì in Basilicata nei comuni di Accerenza, Atella, Barile, Forenza, Ginestra, Lavello, Melfi, Potenza, Rionero in Vulture, Ripacandida, Tricarico e Venosa. I rifugiati di Rionero furono sistemati nei pressi della Chiesa di Sant’Antonio Abate insieme ad alcuni pastori pugliesi.

Nel 1530, i contadini albanesi che si erano stabiliti a Melfi nel 1478 ed erano sopravvissuti alla “Pasqua di Sangue” di Melfi vennero reinsediati a Rionero che cambiò il nome del casale in “Arenigro”.

la "Chiesa dei Morti" attualmente intitolata al SS. Sacramento

La comunità albanese si stabilì nei pressi dell’antica Chiesa di Santa Maria di Rivonigro, poi “Chiesa dei Morti” (attualmente intitolata al Santissimo Sacramento), dove potevano praticare il rito greco-bizantino fino al 1627, quando il vescovo di Melfi, Diodato Scaglia, abolì il rio greco e li indusse all’osservanza del rito latino.


La Madonna con Bambino e San Giovannino
dipinto su tela di Luca Giordano

La chiesa, originariamente ad una sola navata, nel 1794 venne ampliata con l’aggiunta della navata laterale. Conserva all’interno una tela del XVI secolo dipinta da Luca Giordano e rappresentante “La Madonna col Bambino e San Giovannino”, oltre a manufatti con pregevoli intagli lignei.

Il 4 aprile del 1615, Orazio Grasso, scrive che nel territorio di Atella c’é un casale chiamato Arenigro che è abitato da 45 fuochi (famiglie) di arbëreshë che “habitano dentro grotte accomodate con fabbrica”.

Gravemente colpita dal terremoto del 1694, la sua popolazione in quel periodo non superava settecento persone. Grazie alla sua posizione di frontiera tra Campania e Puglia, Rionero ebbe un certo incremento economico e demografico: nel 1735 gli abitanti erano giunti a circa 3000, nel 1752 a circa 9000. Nel 1811 Rionero aveva superato gli 11000 abitanti e fu elevato a Comune autonomo.

Robert Mallet, ingegnere irlandese, nel 1862 descrive Rionero come una città dall’aspetto prospero, grande quasi quanto Potenza, abitata da un popolo di discendenza albanese con abiti pittoreschi e molto spesso pittoresche anche le persone. Oggi, però, a testimoniare la presenza degli arbëreshë rimane solamente una targa commemorativa posta sulla chiesa del Santissimo Sacramento.

Bibliografia

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G. Strafforello, La Patria, geografia dell’Italia, Provincie di Bari, Foggia, Lecce, Potenza, Unione Tipografico-Editrice, Torino, 1899

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R. Mallet, Great Neapolitan Earthquake of 1857: The First Principles of 1857, volume 2, edizioni Chapman and Hall, Londra, 1862

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