Castroregio (in lingua arbëreshe: Kastërnexhi) è un comune della provincia di Cosenza in Calabria. Il paese sorge tra il fiume Ferro ed il fiume Straface, su una sommità a quota 819 metri. Il territorio comunale è situato tra i comuni di Albidona, Alessandria del Carretto, Amendolara, Oriolo. Il suo nome deriva da quello di “Castro” (castello) e “regio” (reale), cioè “Castello reale” che sorgeva sulla sommità del monte attualmente occupato dal paese. Secondo un censimento ISTAT del dicembre 2020, gli abitanti di Castroregio erano 242, con una forte incidenza della popolazione anziana.

A 32 km dal paese vi è la frazione di Farneta, l’unica frazione di Castroregio, ed è situata su un’altura intorno ai 90 m s.l.m. attigua al Timpone la Rotondella (1016 m), al confine tra Basilicata e Calabria. Farneta ha fatto parte del comprensorio del comune di Oriolo sino al 1820, quando entrò a far parte del comune di Castroregio, diventandone frazione. Farneta oggi conta ca. 87 residenti circa, in prevalenza dediti all’agricoltura e all’allevamento del bestiame.

Storia di Castroregio

Castroregio esisteva già prima della venuta degli albanesi; infatti si hanno notizie della sua esistenza già nel 1015 quando si parla di un monastero dedicato a Sant’Anania e di un “Kastron” (castello). Nel 1239 l’imperatore Federico II di Svevia ordinò il restauro di alcuni castelli tra i quali anche l’antico “Kastron” (o anche Castrum) che, passato sotto l’amministrazione centrale, acquistò anche la denominazione di “Regium”.

Castrum Regium continuò ad essere abitato anche sotto gli Angioini (1282-1442) e gli Aragonesi (1442-1510), ma durante la dominazione di questi ultimi, a causa della peste del 1348, rimase completamente spopolato.

La data dell’arrivo degli albanesi è tuttora controversa e dibattuta tra gli storici locali. Francesco Tajani in “Le Istorie Albanesi”, sostiene che Castroregio sia stato fondato tra il 1476-78, cioè un decennio dopo la morte di Scanderbeg (17 gennaio del 1468) e la stessa tesi è sostenuta da Salvatore Scura in “Tradizioni e glorie degli Italo-Albanesi” e da Antonio Scura in “Albanesi d’Italia”. 

Noi però possiamo affermare che Castroregio non risulta nei censimenti dei fuochi degli anni: 1503 e 1508; ma neanche negli anni 1543, 1548, 1566 e 1567. Riteniamo invece che Castroregio sia stato edificato intorno al 1515; secondo quanto afferma Giorgio Toscano nella sua “Storia di Oriolo” (1695), dove scrive di aver visto il privilegio di assenso del Re il quale autorizzava l’edificazione di un casale di Albanesi, al tempo del Duca Giovanni Lopez de Vergara, sub-feudatario di Oriolo (1505-1527).

Quando gli albanesi giunsero nel feudo di Oriolo, costruirono delle capanne coperte di paglia sulla sponda destra del fiume Straface, nella contrada “Casaletto”, dove tuttora esistono i ruderi di una piccola chiesa. Ma ben presto si spostarono nella contrada “San Pietro”, sovrastante la sponda destra del fiume Ferro; per poi spostarsi ancora in contrada “Cerviola” dando vita ad un villaggio che battezzarono Xorza.

Poi, tra il 1510 e il 1515, per interessamento del Duca Giovanni Lopez de Vergara, gli albanesi abbandonarono la contrada “Cerviola” e si trasferirono sulla montagna in una località detta San Pietro delle Noci, l’attuale Castroregio; qui trovarono un castello diroccato del quale, probabilmente, riutilizzarono il materiali per edificare le loro case.

A Castroregio gli Albanesi poterono godere della tranquillità per poco tempo, perché scoppiò la guerra tra Spagna e Francia (Guerra d’Italia del 1521-1526). Mentre tutti i paesi vicini si erano schierati con la Francia, Oriolo e Castroregio rimasero fedeli agli spagnoli. Così che Castroregio fu assalito e bruciato da quelli di Amendolara, Roseto Capo Spulico e Canna. Terminata la guerra con la vittoria degli spagnoli, tutto il territorio passò a Ferdinando (anche Ferrante) Sanseverino, l’ultimo principe di Salerno.

Sotto Ferdinando Sanseverino, Castroregio, con la costruzione della Chiesa e di alcune case in muratura, acquistò l’aspetto di un paese vero e proprio. I rapporti con i paesi vicini erano molto limitati e i matrimoni venivano contrattati unicamente fra Albanesi. Plataci e San Paolo Albanese erano gli unici paesi che avevano rapporti di questo genere con Castroregio. Probabilmente provenivano proprio da San Paolo Albanese le famiglie Di Lazzaro, Jerovante, Camodeca e Pappadà, originarie da Corone, che si unirono alla popolazione già esistente.


ragazza che indossa il costume
tradizionale di Castroregio e di Farneta

I nomi delle famiglie dei Coronei erano: Di Lazzaro, Ierovante, Camodeca e Pappadà, oltre ad altre di cui non conosciamo i nomi. I Coronei si unirono alla popolazione albanese già esistente e si adoperarono per ricostruire il povero villaggio di prima. Fu allora che Castroregio con la costruzione della Chiesa, (che nel 1552 quando il feudo passò dal Duca Lopez de Vergara alla famiglia dei Pignone, marchesi di Oriolo, già risultava esistente), e filari di case in muratura unite l’una.

A volte le abitazioni si sviluppano in altezza, e presentano spesso piccole scale esterne che conducono a ballatoi sui quali si apre la porta d’ingresso ai locali riservati alla famiglia, mentre il livello sottostante è adibito a locali di deposito o era riservato al ricovero degli animali domestici.

Castroregio, seguì le vicende feudali del Comune di Oriolo, del quale era Casale, rimanendo quasi costantemente in dominio dei Pignone fino all’eversione della feudalità (1806).

Con l’ordinamento amministrativo disposto da Napoleone, Castroregio divennne Università e venne compreso nel Governo di S. Lorenzo Bellizzi. Nel 1811 venne trasferito nel Circondario di Amendolara. Poi, con il decreto del 25/1/1820 gli venne aggregato il villaggio di Farneta, sottratto al comune di Oriolo.

La frazione di Farneta

Farneta: chiesa di San Nicola di Mira

Non conosciamo la data di fondazione di Farneta, ma tenendo conto che le prime famiglie farnetane erano Licursi, Camodeca, Trupo, Pappadà e Smilari, cognomi di Coronei che nel 1534 erano giunti nel vicino San Paolo Albanese, possiamo dedurre che, nel tempo, alcuni componenti di queste famiglie si siano spostate verso Farneta.

Prima di stabilirsi dove sono oggi, si trasferirono in diversi territori fino a quando non si fermarono nel territorio dei Marchesi di Oriolo. I primi pagliai furono costruiti nel fondo di una valle; il "Katunish", così chiamarono l'insediamento, fu abbandonato poco dopo perché era infestato da una grande quantità di serpenti. Gli albanesi si spostarono verso l’attuale bivio di Oriolo, chiamando il nuovo insediamento "Katundi i vjeter". Aabbandonarono anche quest’ultimo per spostarsi più in alto, verso una località alla quale diedero il nome di "San Procopio".

San Procopio non risulta nei censimenti del 1503, 1508, 1548, 1566, 1567, ma solo in quello del 1543, con 27 fuochi albanesi; in tale censimento risultano i seguenti cognomi: Cacossi, Chidicamo, Comino, Discia, Flocca, Minaropolo, Minissi, Mirotto, Radu (poi De Rada), Similara (Smilara) e Valacca.

Prima del 1551 gli Arbëreshë abbandonarono San Procopio a causa della peste portata da un certo Costantino Licursi da Caserta, uomo di fiducia del marchese di Oriolo, e si spostarono più in alto, dove fondarono un villaggio al quale diedero il nome di “Farneta”, riferendosi ai fitti boschi di farnie che lo circondavano. Dal censimento del 1551 risultano a Fartneta circa 400 persone.

Caduto il feudalesimo nel 1806, Farneta, rimase frazione di Oriolo, distante circa 8 km. I Farnetani si erano sempre rifiutati di passare al rito latino, anche se la loro chiesa dipendeva dalla Diocesi di Anglona-Tursi. La resistenza degli Arbëreshë e la loro appartenenza religiosa influenzò anche la divisione organizzativa territoriale del 1819, quando divenne frazione di una comunità interamente arbëreshe, cioè di Castroregio, da cui dista 32 km; inoltre, nel 1919, con l’erezione dell’Eparchia di Lungro, entrò a far parte della nuova diocesi.

Nel 1985 la popolazione di Farneta si ridusse a 250 abitanti, mentre oggi ci sono circa 100 abitanti. La crisi economica e la necessità di lavoro ha fatto sì che gran parte degli abitanti emigrasse verso i centri industriali del nord Italia o oltre-oceano.

Gli edifici religiosi

La chiesa parrocchiale di Santa Maria ad Nives a Castroregio, del XVI secolo, edificata interamente da maestranze locali, è stata recentemente ricostruita in stile bizantino, con al suo interno un’iconostasi lignea. Da alcuni anni Luigi Elia Manes sta realizzando un completo ciclo iconografico sulle pareti della chiesa.


la chiesa parrocchiale di Santa Maria ad Nives

A Castroregio vi sono altri due luoghi di culto: la chiesa di San Rocco, costruita dopo che la peste colpì il paese nel XVII secolo (con l’iconostasi lignea e le statue di San Rocco e San Gaetano) e la cappella rurale di Santa Maria ad Nives.


la chiesa di San Rocco e la cappella rurale di Santa Maria ad Nives

A Farneta vi è la chiesa dedicata al San Nicola di Mira, che conserva le icone di San Nicola e San Donato.

Altri luoghi di culto sono: la Cappella della Madonna del Ceraso e la Cappella di Sant’Antonio.

Cultura e tradizioni

Nonostante l’influenza del mondo e della cultura latina, sia a Castroregio che a Farneta si mantengono con orgoglio le antiche tradizioni, il rito bizantino e, soprattutto, la lingua del paese di origine.


l’Archimandrita Pietro Camodeca de’ Coronei

A Castroregio i cognomi di origine albanese più diffusi sono: Alfano, Camodeca, D’Agostino, Di Nicco, Licursi, Roma; mentre a Farneta sono: Camodeca, Lucieri, Licursi, Petta, Trupo.

Originario di Castroregio era l’Archimandrita Pietro Camodeca de’ Coronei che si impegnò per la conservazione del rito bizantino e l’istituzione di una diocesi greca in Calabria.

Una delle tradizioni caratteristiche di Castroregio è il rito delle nozze (martesia): il passaggio del corteo nuziale per le vie del paese viene annunciato dal “Flamurari” (portatore di bandiere), nome che deriva da flamurë (bandiera).

Le tradizioni culturali rimaste ancora oggi a Farneta si concentrano soprattutto nelle feste popolari, come quella del patrono San Donato, e nella musica di antichi strumenti popolari; alcuni di essi costruiti dai pochi artigiani locali (zampogna a chiave, surduline, ciaramelle). Il 19 agosto si festeggia San Rocco, patrono di Farneta.

Da ammirare è il costume tradizionale di Castroregio; meglio di qualsiasi descrizione scritta sono le rappresentazioni grafiche settecentesche del costume tradizionale della comunità di Castroregio, disegnate e incise all’acquaforte da Michela De Vito artista dell’800 di un certo rilievo. Entrambe le litografie riproducono un acquarello dal titolo “Donna del paese di Castroregio provincia di Calabria Citra”. La prima rappresenta la donna vista di fronte e la seconda vista di spalle.

Bibliografia

G. Toscano, Storia di Oriolo, 1695

F. Tajani, Le istorie albanesi, Editore Fratelli Jovane, 1886

S. Scura, Tradizioni e glorie degli Italo-Albanesi, Corigliano Calabro, 1963

A. Scura, Gli Albanesi in Italia e i loro canti tradizionali, Lepisma, Roma, 1912

D. Zangari, Le colonie italo albanesi di Calabria - Storia e demografia, Caselli, Napoli, 1941

P. Cecere Roma, Profilo storico di Castroregio, Tipografia Jonica, Trebisacce, 1978

I. Sarro, Albanesi in Italia, percorsi migratori (secc. XV-XVIII), Besa Editrice, Nardò, 2019, ISBN 884971002X

A. Trupo, Farneta (CS), Catasto Onciario (1742-1743), Farneta, 2019.

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