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Lungro (arb.: Ungra) è un comune della provincia di Cosenza in Calabria. Situato alle falde del monte Petrosa a 650 m s.l.m. è tra i maggiori centri delle comunità arbëreshe, ed è la capitale religiosa degli italo-albanesi continentali, sede dell’Eparchia greco-bizantina, che raccoglie sotto la propria giurisdizione tutte le comunità italo-albanesi dell’Italia continentale che hanno conservato il rito greco-bizantino.

Il paese confina con i comuni di Saracena, Firmo, Altomonte, Acquaformosa, San Donato di Ninea, Orsomarso e Verbicaro.

La storia di Lungro

Il nome Lungrum appare per la prima volta nella storia, intorno al XII secolo. L’etimo Lungrum o Ugrium sembra riferirsi alla particolare umidità del suo territorio. Secondo Domenico De Marchis, il suo nome deriva dal greco “ugros” (umido, fluido, acqua). Quest’ipotesi è avvalorata anche dal nome dell’antico monastero del casale di Lungro, “Santa Maria delle Fonti”.

Nel 1193, Ogerio (o Ruggero) e Basilia, feudatari Brahalla (antico nome di Altomonte), con il beneplacito di Soffrido, vescovo di Cassano, concessero il territorio antistante la chiesetta di Santa Maria de Fontibus nei pressi del casale di “Lungrum” (o Hungarium) ai monaci basiliani “totum casale […] Lungrum, cum omnibus vassallis, angariis, & villani qui sunti ibi” (tutto il casale [di] Lungro, con tutti i vassalli, guardiani e contadini che ci sono).

Attorno al monastero si sviluppò un piccolo agglomerato rurale abitato da gente autoctona. Dopo il dissolvimento del Regno dei Normanni (1194) e sotto il dominio degli Svevi (1266), l’Abbazia e il casale di “Lungrum” attraversarono un lungo periodo di crisi e le cose peggiorarono ulteriormente con il dominio degli Angioini (1266-1442) prima, degli Aragonesi poi (1442-1495).

Ciò continuò sino a quando, nel 1486, Paolo Porta (o della Porta), abate dell’Abbazia di Santa Maria delle Fonti, accolse 17 famiglie Albanesi che si stabilirono intorno al monastero basiliano; i nomi dei capo-famiglia erano i seguenti: Straticò, Mattanò, Jerojanni, Cagliolo, Belluscio, Prevati (oggi Loprete) Baccaro (oggi Vaccaro), Musacchio, Brescia, Damisi, Manisi, Marco, Cortese, Tripoli, Cucco (oggi Cucci), Bavasso, Matranga (oggi Matrangolo).

Lungro, nel 1503 venne censito per 41 pagliari albanesi e nel 1508, quando Paolo della Porta, abate dell'Abbazia, ratificò i Capitoli, Lungro venne censito per 50 “fuochi“ (famiglie). Così che, con il passare del tempo, le 17 famiglie Albanesi, erano riuscite a prevalere sull’esigua popolazione dell’antico casale, tanto da imporre la loro lingua, il rito greco-bizantino e gli usi della loro patria. In questo modo il casale di Lungrum perse definitivamente la sua identità italiana diventando marcata espressione della maggioranza di etnia albanese.

Intanto l’Abbazia di Santa Maria delle Fonti, che da diverso tempo attraversava un periodo di profonda crisi, nel 1525 venne abbandonato dai monaci Basiliani e trasformato in Commenda a disposizione del Pontefice.

Nel 1531, Lungrum, casale di Altomonte, venne scorporato per essere infeudato ai Venato che lo tennero sino al 1586, quando passò ai Campilongo (o Campolongo); nel 1621 passò ai Pescara e, infine, nel 1717 ai Sanseverino, Principi di Bisignano e conti di Saponara.

Nel 1532, nel casale di Lungrum si contarono 77 fuochi, mentre nel 1545 i fuochi erano 149, ma non tutti erano albanesi; infatti tra i cognomi censiti, troviamo sia cognomi italiani che albanesi; questi erano: Baccaro, Bavasso, Bellezze (Bellizzi), Belluscio, Burrelce, Conte, Cortese, Crisius, Cucchio, Cucchia, Danese (Damese, Damis), De Alfano, Da Falogna, De lo Prevete (Del Prete), De Marco, Dorise, Dorosi (Dorsa), Ferraro, Freca, Fresciva, Gramise, Greco, Lecchadita, (Leccaditi), Marso, Marzo, Matino, Iroianni (Irianni), Mosacchio, Russo, Saxus, Solanus, Stratico.

Gli albanesi ridiedero vita al piccolo insediamento rurale, ponendo la lingua, i costumi, le tradizioni e le credenze religiose del paese di origine. Furono abili allevatori e contadini e in breve tempo diedero una nuova configurazione urbana al centro abitato. Il rapido proliferare delle famiglie albanesi consentì al casale di acquisire nel 1546 il titolo di “Universitas”, con il quale si riconosceva agli abitanti il diritto di creare nel suo seno un’amministrazione cittadina. L’aumento demografico di Lungro continuò ancora, tanto che nel 1561 si contavano 101 fuochi; mentre nel 1567 i fuochi erano 110.

Nel 1576, l'abate commendatario Camillo Venati riconfermò agli albanesi i capitoli, immunità e grazie concessi loro già nel 1508.

Nel corso degli anni si erano intensificati i contrasti religiosi tra il rito greco-bizantino degli albanesi e il rito latino delle popolazioni confinanti. Numerosi sacerdoti albanesi subirono il carcere a causa della pratica del rito greco-bizantino, ma gli abitanti di Lungro, lottando con tenacia, sono riusciti a conservare la loro identità religiosa.

 

Oggi Lungro, è considerata la capitale religiosa degli italo-albanesi, sede dell’Eparchia di rito greco-bizantino che continua la tradizione dell’identità religiosa, linguistica e culturale degli Arbëreshë. La diocesi di Lungro venne creata il 13 febbraio del 1911 da Papa Benedetto XV e il primo vescovo fu Giovanni Mele.

A Lungro i cognomi più diffusi sono: Bavasso, Bellizzi, Borrescio, Capparelli, Conte, Cortese, Cucci, Damis, De Marco, Frega, Irianni, Manis, Mattanò, Pistoia, Rennis, Reres, Santoianni, Vicchio.

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