San Basile (in lingua arbëreshe: Shën Vasili) è un comune di 953 abitanti (al 31 agosto 2021) della provincia di Cosenza, in Calabria. Situato ad un’altitudine che varia dai 540 m ai 570 m s.l.m., è un centro agricolo dell’alta valle del Coscile, che sorge ai piedi del complesso montuoso piû occidentale del Parco del Pollino. Confina con i comuni di Castrovillari, Morano Calabro e Saracena.

La Storia di San Basile

La storia di San Basile è legata a quella del monastero basiliano di San Basilio craterete / de craterete / de crathareto, o più semplicemente S. Basilio di Castrovillarri (oggi Santuario di Santa Maria Odigitria), dipendente dalla diocesi di Cassano.

La prima notizia sull’esistenza del monastero di San Basilio craterete risale al 1193, quando Ogerio di Vasto, conte e signore di Brahalla (Altomonte) e sua moglie Basilia, donarono alla mensa vescovile di Cassano il territorio dove già sorgeva il monastero.


il palazzo municipale di San Basile

Un'altra fonte che ci dà una notizia dell'esistenza del monastero, è l'informazione sulla raccolta delle decime negli anni 1274 e 1279, in cui si legge che l'abate di San Basilio di craterete (Abbas S.ti Basilii de Craterete) aveva versato un'oncia al Collettore, che era il Vescovo di Cassano Marco d'Assisi.

Fino agli inizi del secolo XV, il territorio dipendente dal monastero era considerato come “feudo rustico e non abitato”, anche se era sorto un piccolo nucleo abitato da qualche famiglia di contadini locali addetti alla coltivazione delle terre del monastero.


il monumento ai minatori

Il 24 settembre del 1466 il Re Ferdinando I d'Aragona confermò la giurisdizione civile sui vari feudi, tra i quali quello di San Basile, a Giovan Francesco Brusato, vescovo di Cassano dal 1463 al 1476. Il trasferimento del monastero e il borgo ad esso annesso venne unito alla mensa vescovile di Cassano, con l’approvazione definitiva di Papa Giulio II avvenuta il 17 dicembre 1508.

Non si sa con precisione quando gli albanesi siano giunti sul posto, anche se si potrebbe ipotizzare tra il 1470 e il 1479. Il piccolo nucleo abitato che, con ogni probabilità, era intorno al convento e che era costituito da contadini locali, ebbe un certo incremento dovuto all’arrivo di alcune famiglie di albanesi. Inizialmente gli albanesi, che abitavano in tuguri, probabilmente, attigui al monastero, si occupavano del dissodamento e della coltivazione delle terre del monastero.

Nel 1503 viene registrato per la prima volta il borgo di "Sanbasili", quando vennero contati 6 pagliari di albanesi, mentre nel 1506 San Basile venne elencato fra le terre di "Schiavoni ed Albanesi" e contava 16 fuochi (equivalenti a circa 35-40 abitanti), mentre nel 1508 venne censito per 26 fuochi.

Marino Tomacelli, vescovo-abate di Cassano dal 1485 al 1515, favorì l’insediamento albanesi, così da poter far fronte al progressivo spopolamento del casale dovuto anche al decadimento del monastero, il 1° gennaio del 1510 concesse loro le “Capitolazioni”. Con i 27 articoli delle Capitolazioni veniva concessa agli immigrati la possibilità di coltivare le terre del convento, oltre a far pascolare le greggi e raccolgiere le ghiande nel querceto, detto “foresta”, di proprietà del monastero; in cambio gli immigrati dovevano versare una decima in natura. Quindi gli albanesi si dichiararono vassalli di “Sancta Maria di Cassano et di detto Monsignor ut Abbate”.


la villa comunale

Col passare del tempo l’abitato si estese lungo l’antica strada per Saracena dove il vescovo-abate provvide alla costruzione di una chiesa per il borgo dedicata a San Giovanni Battista e sulla quale successivamente fu edificata l’attuale parrocchiale, dove si sarebbe stata officiato da un prete mandato da lui, certamente di rito latino; ma non dovette costituire però un vincolo, perché la popolazione albanese, divenuta ben presto maggioritaria nel casale, probabilmente si dotò di un prete di tradizione greco-bizantina. Vista la dipendenza dal vescovado di Cassano, nel rimaneggiamento della chiesa venne adottato lo stile barocco con qualche elemento bizantino.

Vista la dipendenza dal vescovado di Cassano, nel rimaneggiamento della chiesa venne adottato lo stile barocco con qualche elemento bizantino. Difficile stabilire se la chiesa attuale corrisponda nelle dimensioni a quella iniziale, anche se gli interventi seicenteschi e settecenteschi riguardarono prevalentemente l’ornamentazione e le rifiniture di tipo barocco.

Sino al 1519 la città demaniale di Castrovillari avrebbe potuto esercitare la giurisdizione civile anche sul casale di San Basile, ma preferì non contrastare il Vescovo di Cassano nell’esercizio di tale funzione. Invece la giurisdizione criminale di San Basile venne esercitata da diversi signori, e tra questi, alcuni che pretendevano di avere anche quella civile. Così che, quando l’imperatore Carlo V nel 1519 (convenzione stipulata il 9 dicembre 1521) vendette per 28.000 ducati la città di Castrovillari con San Basile e Frascineto a Giovan Battista Spinelli, 1° conte di Cariati, Castrovillari divenne città feudale comprendente i feudi di San Basile e Frascineto. Ma questo acquisto segnò l’inizio di un’annosa lite tra il potere baronale degli Spinelli e quello del vescovo di Cassano.

Il 25 settembre del 1534, Ferdinando Spinelli, figlio di Giovanni Battista, cedette il casale di San Basile a Giannicolò de Costa. Alla morte di Giannicolò de Costa, cinque anni dopo, la figlia Livia subentrava nella proprietà di San Basile, pagando il rilevio del possedimento, attraverso il marito, Niccolò Interzati di Cariati.

Qualche tempo dopo, durante un’incursione ottomana alla marina di Cariati, Livia de Costa venne fatta prigioniera e deportata a Costantinopoli e, per riscattarla, furono ceduti i diritti di San Basile alla “Pia Opera della Redenzione dei Cattivi”, fondata a Napoli per il riscatto dei prigionieri catturati dagli ottomani. Per ottenerne del denato contante, nel 1544 la Pia Opera vendette la giurisdizione su San Basile a Felice Campolongo di Altomonte.

Nel 1568 Felice Campolongo cedette la giurisdizione su San Basile a Giacomo Strabone, che pochi anni dopo, la passò a Giovanni Interziati di Cariati, il quale a sua volta, nel 1574, la rivendette Francesco Campolongo di Altomonte.

Nel 1596 Giacomo Campolongo vendette la giurisdizione su San Basile a Giovanni Battista Macrì di Castrovillari, con il patto che il Campolongo avrebbe successivamente ricompratola giurisdizione. Il 12 gennaio del 1617 Maria Carafa, moglie di Giacomo Campolongo, vendette a Giovanni Battista Pescara, Duca di Saracena, tutti i diritti sul borgo di San Basile. Appena subentrato, il Duca impose gravose condizioni agli abitanti di San Basile che, tra l’altro, voleva costringere a latinizzarsi.

Nel frattempo nei tribunali continuavano le controversie tra i diversi possessori e i Vescovi di Cassano, così che il Duca di Saracena, Giovanni Battista Pescara, stanco dal contendere, cedette San Basile a Paolo Palumbo, vescovo di Cassano, il quale, nel 1620, lo rivendette a Cesare, Abate di Castrovillari. Da quest’ultimo San Basile passò a Persio Tufarelli che nel 1638, permutò con Mormanno con Francesco Guadagna. Quest’ultimo, nel 1643, rivendette San Basile a Isabella Caracciolo, moglie di Troiano II Spinelli.

Intanto continuavano le vicende legali che coinvolgevano i Vescovi di Cassano, i quali detenevano la giurisdizione civile, e i vari baroni che erano investiti della giurisdizione criminale e che rivendicato anche la giurisdizione civile, perdurarono fino al 1790, quando tali giurisdizioni furono assunte da governatori regi.

Il Decennio Francese (1806-1815) comportò un nuovo assetto amministrativo del Regno di Napoli. Furono abolite le denominazioni di Città, Terre, Casali, Feudi, Suffeudi ecc., e vennero creati i Comuni, governati da Sindaci. Fu così che San Basile venne considerato Comune e compreso nel Cantone di Castrovillari. Il primo ordinamento francese, per legge 19 gennaio 1807, lo classificò come “Luogo”, ossia “Università”, nel Governo di Castrovillari. Disposizione nella quale rimase anche quando, secondo il decreto del 4 maggio 1811, vennero istituiti i Comuni e i Circondari, e per legge 1° maggio 1816 venne dato nuovo assetto alla regione mediante l'istituzione della provincia di Reggio Calabria.

San Basile fu diretto partecipe di vari fatti storici che contribuirono all’unità d’Italia. Infatti gli Arbëreshë di San Basile furono in prima fila durante i moti del 1848 contro l’impero Austro-Ungarico. Furono 78 i giovani di San Basile ad essere condannati e imprigionati nelle carceri Borboniche, fino a quando nel 1860, giunsero i garibaldini a liberarli.

Dopo l’Unità d’Italia ci fu un consistente numero di giovani che, tra le file brigantesche prese parte alla guerra civile contro il governo piemontese che investiva tutto il sud d’Italia, passato alla storia come il “brigantaggio postunitario”.

Gli albanesi di San Basile avevano portato con loro, oltre alla lingua, la cultura, lo stile di vita, anche il rito greco-bizantino. La loro forza identitaria ha determinato nel tempo la conservazione della lingua, dei costumi e delle tradizioni, nonché la pratica del rito greco-bizantino, malgrado l’aspro conflitto con i rappresentanti della chiesa latina e della gente del territorio circostante.

I cognomi piû diffusi sono: Bellizzi, Bisulco, Frascino, Marco, Parapugna, Pugliese, Quartarolo, Tamburi.

Da visitare a San Basile

La chiesa parrocchiale di San Giovanni Battista

La Chiesa parrocchiale di San Giovanni Battista venne edificata nel 1791. L’esterno dell’edificio si mostra semplice, con un campanile non molto alto. La facciata principale ha tre porte di legno, opera di maestranze locali.

La chiesa ha una struttura a tre navate e un’architettura interna tipicamente barocca con fregi e figure angeliche. Per adattare lo stile alle particolari esigenze del rito bizantino, nel 1930 venne sostituito l’altare latino con l’ iconostasi lignea arricchita da varie icone.

Il Monastero Basiliano e Santuario di Santa Maria Odigitria

Fondato tra la fine del X secolo e l’inizio dell’XI, il Monastero basiliano di Santa Maria Odigitria è la continuazione dell’antico monastero di San Basilio Craterete ed è uno dei pochi monasteri di rito bizantino esistenti in Italia.

Il monastero si erge in posizione panoramica tra il massiccio del Pollino e la piana di Sibari, subito fuori dall’abitato di San Basile, in direzione del centro di Saracena. Uno dei monti che sovrastano il monastero assieme al paese si dice che siano costruiti sul cratere di un vulcano, da qui la denominazione “craterete” del vecchio monastero.

All’interno del complesso del monastero troviamo la chiesa di di Santa Maria Odigitria, al cui interno si conserva gelosamente, il suggestivo affresco con la Vergine vestita di azzurro sotto il manto rosso, con la testa coronata, da cui scende fin sulle spalle un velo verde chiaro campeggiante su una grande aureola giallo oro. L’affresco è una parte dell’intera opera salvata nel XIII secolo, unico resto dell’antico monastero di San Basilio che esisteva già da tre secoli prima.

Altri luoghi d’interesse

Nel rione “konza” è presente la Chiesetta dedicata a sant’Anna, in cui si trova un’ icona che raffigura la Santa. Mentre in via Veneto si trova un’altra piccola chiesetta denominata Kopela Don Çiçillit.


la Chiesetta dedicata a sant’Anna
Le manifestazioni religiose

La benedizione dell’acqua

In quasi tutti i comuni arberëschë, nel giorno dell’Epifania, si rinnova l’antica tradizione della Benedizione dell’acqua. Per l’occasione viene scelta simbolicamente una fonte del paese e quivi avviene la benedizione dell’acqua e del popolo stesso. Quindi ognuno attinge l’acqua benedetta e la porta a casa propria come segno di buon augurio.

I falò di San Giuseppe

La sera del 18 marzo in tutti i rioni vengono allestiti dei falò in onore di San Giuseppe. Per l’occasione i giovani girano tra i fuochi e si esercitano a cantare gli antichi vjershë che avrebbero eseguito il martedì di Pasqua durante la vallja.

Un tempo l’allestimento dei falò coinvolgeva tutto il paese; ogni famiglia partecipava dando una fascina da ardere oppure i rami degli ulivi tagliati durante la potatura.

La sera del Giovedì Santo

A San Basile, la sera del Giovedì Santo, quando si sono ormai concluse tutte le funzioni Liturgiche, persiste l’antichissima tradizione di cantare la Kalimera della Passione di Gesû Cristo.

La Kalimera si tramanda oralmente da secoli e narra la passione, la morte e la resurrezione di Gesû Cristo e viene eseguita in chiesa da un gruppo di cantori collocati dietro l’iconostasi, mentre le donne interpretano il coro delle lamentatrici.

La domenica di Pasqua

All’alba della domenica di Pasqua si celebra il Kristòs Anesti. Il Papàs percorre le vie principali del paese e, insieme ai fedeli, porta l’annuncio della Resurrezione cantando il “Kristòs Anesti” (Cristo è risorto).

Arrivati davanti alla porta della chiesa, che viene tenuta chiusa, il Papàs batte per tre volte con la croce alla porta e, al terzo tentativo, la porta si apre; quindi tutti entrano nella chiesa illuminata a giorno cantando l’Inno della Resurrezione.

Le altre manifestazioni religiose

Il 25 maggio si celebra la festa del patrono San Giovanni Battista, mentre nel giorno di pentecoste si festeggia Santa Maria Odigitria. Il mercoledì dopo la Pentecoste, sempre in onore di Santa Maria Odigitria, si svolge una sfilata con il costume tradizionale di San Basile.

Il giorno del Corpus Domini si allestiscono gli “altarini”. Nelle case, l’allestimento di un altare, rappresenta il miglior modo per accogliere il sacramento di Gesû Cristo.

L’abito tradizionale di San Basile

L’abito tradizionale delle donne di San Basile si è tramandato per secoli e costituisce uno degli elementi dell’identità culturale arbëreshe. Ancora oggi fa parte della dote delle giovani spose ed esistono due tipi di abito: il costume di gala, chiamato llambadhor, e quello di mezza festa.

Il costume di gala, ricamato in oro e adornato di galloni preziosi, ancora oggi è l’abito nuziale per eccellenza, viene indossato anche nelle occasioni speciali, nelle funzioni liturgiche importanti ed anche come abito funebre.

Invece il costume di mezza festa è andato quasi totalmente in disuso e ormai se ne vedono pochissimi esemplari. Questo era meno elaborato del lambadhor e veniva indossato la domenica per andare a messa, o quando si andavano a fare le visite di cortesia.

Le Vallje di San Basile

Ogni anno, il martedì dopo Pasqua, a San Basile si svolgono le Vallje, una manifestazione legata alla tradizione albanese con la quale si ricorda la vittoria di Scanderbeg sui turchi avvenuta proprio nell’imminenza della Pasqua cristiana, durante la battaglia di Kruja del 24 aprile 1467.

Le Vallje iniziano nelle prime ore del pomeriggio quando le ragazze, vestite con l’abito di gala llambadhor, tenendosi per i capi di fazzoletti di seta, formano delle lunghe catene alla cui estremità si trovano 2 o piû giovani detti Kapurel che guidano la vallja per le vie del paese.

Le Vallje così composte, girano danzando, ora disegnando un circolo ora una spirale ed eseguendo canti epici, rapsodie tradizionali, canti augurali, di sdegno o di ringraziamento per lo più improvvisati.

Ogni tanto, scherzosamente, i ragazzi accerchiano un forestiero e gli chiedono di ripetere una particolare parola albanese, al fine di scoprire se si tratta di un forestiero o di un arbëresh: se si tratta di un forestiero viene obbligato a offrire un rinfresco, in caso di rifiuto sarà segnato sulla guancia con la fuliggine di un vecchio tegame.

Bibliografia

M. Bellizzi, Antologia poetica, San Basile, 1982

F. Campilongo, Gli albanesi in Calabria e S. Basile, Ed. Alzani, Pinerolo, 1959

M. Laurito, Veshia e Shën Vasilit. Il costume di S. Basile, Grafica Pollino, Castrovillari, 2007

G. Passarelli, Lo scintillio dell’oro – Tra Antico e Nuovo – Patrimonio iconografico delle chiese di San Basile, Tipolitogrqafia Giammarioli, Frascati (Roma), 2009

F. Solano, Le parlate di S. Basile e Plataci, 1979

L. Tamburi, San Basile, In “Zeri i arbereshvet” n. 8

L. Tamburi, S. Basile e le sue tradizioni popolari, Università degli Studi di Roma, Facoltà di Lettere e Filosofia, Anno Acc. 1968-69

Ultimo Aggiornamento: