San Nicola dell’Alto (in lingua arbëreshe: Shën Koll) è un comune della provincia di Crotone, in Calabria.

Il suo territorio confina con i comuni di Carfizzi, Casabona, Melissa, Pallagorio, nella fascia collinare presilana a Nord del Marchesato di Crotone. L’abitato è sullo spartiacque tra le bassi valli dei fiumi Neto e Lipuda.

Storia di San Nicola dell’Alto

Dell’esistenza del casale di San Nicola dell’Alto abbiamo notizie fin dal Medioevo. Infatti Carlo I d’Angiò, Re di Sicilia e di Napoli (1266-1285), concesse ad Alfano (1270-1275), Vescovo di Umbriatico, il privilegio di tenere mercato a “Sanctus Nicolaus de Alto” e a Santa Marina. Inoltre, Alfano, ricevette il titolo baronale sui tre casali (Santa Marina, San Nicola e Maratea). I vescovi mantennero il titolo di barone di S. Nicola dell’Alto fino alla soppressione della sede vescovile, avvenuta nel 1818.

Carlo II d’Angiò, Re di Napoli dal 1285 al 1309, nel giugno 1306 esentò gli abitanti dei casali di Santa Marina, “Sancti Nicolai de Alto” e Maratea, dall’obbligo di fornire legname per le galee e dalle altre imposizioni. Tale concessione serviva a ripopolare i casali, dopo le distruzioni dovute alle guerre del Vespro (1282-1302).


il monumento ai caduti

Col passare del tempo il casale di San Nicola dell’Alto, sotto il dominio temporale e spirituale della mensa dei vescovi-baroni di Umbriatico, venne abbandonato e i suoi confini furono spesso oggetto di controversia con i vicini feudatari di Casabona che rivendicavano la proprietà del casale sulla base del fatto che San Nicola ricadeva nel loro territorio feudale. Da alcuni atti del vescovado risulta che nel 1474 esisteva solamente la chiesa di San Nicola dell’Alto: sarà questa chiesa a dare il nome al casale che qualche tempo dopo sorse sul territorio adiacente. Col passare del tempo il feudo si spopolò e rimase feudo rustico. 

L'arrivo degli Albanesi

Intorno al 1480, quando risultavano affittuari di San Nicola dell’Alto i Cavaniglia, conti di Montella, un centinaio di Albanesi furono autorizzati dal vescovo di Umbriatico a stabilirsi nel territorio di Casabona, dove, nella cosiddetta “Gabella dell’Arango”, sempre di pertinenza della mensa vescovile di Umbriatico, costruirono una decina di pagliai. Poi, agli inizi del 1500, gli  Albanesi si trasferirono sull’altura tra i monti di San Michele e Pizzuta, dando alla località il nome dell’antica chiesa di San Nicola.

Nella relazione ad limina del 1684 così si esprime Giovanni Battista Ponzi, vescovo di Umbriatico dal 1682 al 1688: “Il casale di S. Nicola dell’Alto abitato da Albanesi che erano venuti dall’Epiro nel 1480 e si erano sparsi in tutto il regno delle Due Sicilie è sotto il ominio temporale della mensa del vescovo di Umbriatico che è anche barone di questo luogo […]”.

Per aver concesso ai nuovi venuti il suolo per costruire i loro pagliai ed i terreni da coltivare, il Vescovo di Umbriatico ogni anno chiedeva, per ciascun pagliaio, un tari e una gallina, la decima degli animali minuti, un carlino a vitello, un ducato per ogni tomolo di terreno dove vennero piantate le vigne, la decima di tutti i frutti della terra messa a coltura.

Dal foculario del Regno di Napoli del 1521, che riporta “Schiavoni, greci e albanesi”, risulta che il casale di “Sancto Nycola Delalto” veniva tassato per 9 fuochi, mentre nel 1545 venne tassato per 47 fuochi e per 55 nel 1561. Tuttavia queste tassazioni vanno considerate per difetto, in quanto, all’arrivo dei contatori regi, gli abitanti disfacevano i pagliai, per poi ricostruirli una volta che questi se ne erano andati.

Gli Albanesi seguivano il rito greco e tutti abitavano nei pagliai; l’unica costruzione in muratura era la cappella dedicata a San Nicola. Vi era un prete greco sposato, al quale gli abitanti del casale pagavano 36 tomoli di grano annui. La chiesa parrocchiale di San Nicola rimase sotto la cura di preti di rito greco fino alla metà del Seicento.

Durante il vescovato di Vitaliano Marescano (1661-1667) il rito latino divenne dominante; il parroco seguiva il rito latino e, dei circa 400 abitanti, solo alcuni seguivano il rito greco, ma lo abbandonarono ed abbracciarono il rito latino dopo le paterne ammonizioni del vescovo.

Nel 1670 il vescovo, poco dopo il suo insediamento, essendo la popolazione del casale aumentata, fece ricostruire la chiesa dedicata a San Nicola di Bari, rendendola più ampia e spaziosa, facendovi anche erigere un altare dedicato al Santissimo Rosario. Poco dopo venne costruita una nuova chiesa, intitolata a San Michele Arcangelo, sul monte che sovrasta l’abitato. Tra il 1675 ed il 1678 venne fondata una nuova chiesa, dedicata a San Domenico Confessore, all’interno del paese. Così in pochi anni le chiese presenti a San Nicola dell’Alto salirono a tre.

Nel 1728 Pietro Moccia, marchese di Casabona, mosse una lite presso il Regio Sacro Consiglio contro il vescovado; la giurisdizione temporale fu aggiudicata allo stesso marchese con l’onere di corrispondere annualmente duecento ducati alla mensa vescovile e con la riserva del titolo baronale al vescovo. Alcuni anni dopo San Nicola dell’Alto raggiunse i 1.700 abitanti.

Con la legge 19 gennaio 1807 i francesi fecero del casale di San Nicola dell’Alto un luogo, ossia Università del cosiddetto Governo di Strongoli. Nel riordino che nel 1811 istituiva i comuni, San Nicola dell’Alto venne dichiarato capoluogo di mandamento e gli venne attribuita la frazione di Carfizzi. Dal primo maggio 1816 venne trasferito dalla provincia di Cosenza a quella di Catanzaro.


il municipio

Nel 1818 la diocesi di Umbriatico venne incorporata in quella di Cariati, il cui vescovo assunse il titolo di barone di San Nicola dell’Alto, Motta, Santa Marina e Maratea.

Dal 1992 San Nicola dell’Alto è entrato a far parte della provincia di Crotone. La sua popolazione vive delle poche risorse dell’agricoltura e dalle rimesse in denaro dei numerosi lavoratori emigrati. I suoi abitanti conservano la cultura e la lingua arbëreshe, ma hanno abbandonato il rito bizantino. I cognomi di origine albanese più diffusi sono: Basta, Bisulca, Condosta, Gangale, Musacchio, Pangrato, Pillaro.

Da visitare

La chiesa parrocchiale di San Nicola

La Chiesa Parrocchiale di San Nicola è situata nel cuore del centro storico. Le sue origini risalgono al 1675. Crollata il 23 maggio 1915, rimasero in piedi solo le mura di cinta e il vecchio campanile. Dopo un lungo periodo di abbandono, la chiesa fu completamente ricostruita tra gli anni 1951 e 1955.

Caratteristica è la facciata esterna della chiesa, con il sagrato al centro e due spazi laterali in mezzo ai quali si apre una lunga scalinata di marmo che arriva ai limiti della via pubblica.

L’interno della chiesa è suddiviso in tre navate; l’altare maggiore conserva l’antico tabernacolo; dietro l’altare maggiore domina la statua a mezzo busto di San Nicola vescovo con in mano lo scettro. Ad adornare le pareti vi sono degli affreschi di autori anonimi. Possiamo inoltre ammirare le sue acquasantiere in pietra e un ciborio seicentesco.

La scultura invocazione della pace

Sulla punta della località “La Pizzuta” c’è una scultura alta oltre 7 metri intitolata “Invocazione alla Pace”, opera dell’artista calabrese Antonio Cersosimo.

L’opera è realizzata in marmo bianco di Carrara e con base in granito Silik. La scultura raffigura un gruppo di donne e uomini con le mani alzate verso il cielo che implorano la pace del mondo.

Bibliografia

P. Maone, Casabona feudale, Historica n. 5/6, 1964

T. Pedio, Un foculario del Regno di Napoli del 1521

C. Pellizzi, Gli insediamenti albanesi in Calabria, con particolare riferimento ai paesi di San Nicola dell’Alto, Carfizzi e Pallagorio, in Quaderni Siberenensi, giugno 2001

R. De Biasi, Tradizioni e letteratura orale di S. Nicola dell’Alto, Carfizzi e Pallagorio, Università di Roma, Facoltà di Lettere e Filosofia, A.A. 1970-71

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