Caraffa di Catanzaro (arb.: Garrafë) è un comune di 1.753 abitanti (al 31 ottobre 2020) in provincia di Catanzaro. Il paese, che confina con i comuni di Catanzaro, Cortale, Maida Marcellinara, San Florio e Settingiano è situato nel punto più stretto dell’istmo di Catanzaro, tra il golfo di Squillace e quello di Santa Eufemia, ed è posto su un altipiano da cui si possono ammirare il mare Jonio ed il Tirreno.

Il nome del paese deriva da quello gentilizio della Famiglia Carafa, Duchi di Nocera, alla quale gli arbëreshë, in segno di gratitudine per la concessione dei terreni, diedero il nome al paese.

Le iniziali colonie albanesi che oggi formano Caraffa di Catanzaro, erano quelle di Usito e di Arenoso, quest’ultima posta sull’omonimo colle alle porte dell’attuale centro abitato. Qualche tempo dopo il loro insediamento, tutti gli abitanti dei due insediamenti si stabilirono sul costone pianeggiante circondato su tre lati da un profondo burrone che è tuttora il nucleo storico di Caraffa di Catanzaro.

Segno evidente delle origini albanesi degli abitanti di Caraffa di Catanzaro è il fatto che ancora oggi la gente parla un’antica lingua albanese (oggi molto influenzata dal dialetto calabrese), conservata solo per trasmissione orale, che mantiene molti punti di contatto soprattutto con la lingua toskë dell’Albania meridionale.

La storia di Caraffa di Catanzaro

Secondo Domenico Zangari, autore de “Le Colonie Italo Albanesi di Calabria”, gli albanesi giunsero a Caraffa verso il 1550, e provenivano dall’insediamento di Arenoso (o anche Santa Barbara) dove si erano stanziati intorno al 1467, epoca in cui erano giunti nel regno di Napoli.

Nel 1466, poco prima dell’arrivo degli albanesi, il territorio di tiriolo, dove sarebbero sorti alcuni casali albanesi, tra i quali quelli di Arenoso e di Usito, apparteneva al regio demanio. Nel 1481, il re Ferdinando, “per sopperire alle spese necessarie per la difesa del Regno”, vendette per 3000 ducati il territorio di Tiriolo comprendente “Castra seu Terras Roccae Poverellae [Rocca Falluca], Gimignani [Gimigliano], et Tiriolo” al “mag.co viro Galiocto Carrafa [Galeotto Carafa] milite de Neapoli nostro fideli dilecto”.


donne con il costume tradizionale di Caraffa di Catanzaro

Per guadagnare spazio alle colture, gli Albanesi del Casale di Arenoso fecero disboscare la vicina montagna, causando delle frane che, piano piano, si avvicinarono all’abitato sino a inghiottire il loro casale. Fu così che, verso il 1550, Ferdinando Caraffa, nipote di Galeotto Caraffa e Barone di Tiriolo, permise a molte famiglie albanesi di Arenoso di trasferirsi nella vicina località di “Serra Mazza” (in lingua arbëreshe: Rahj i Croit), a patto che il nuovo insediamento prendesse il nome del suo casato “Caraffa”.

Sia a Caraffa che ad Usito presto il rito bizantino fu sostituito dal rito latino; probabilmente perché era impossibile la venuta di sacerdoti greci dall’Albania. A Usito venne costituita una parrocchia sotto il titolo di San Giovanni Battista e spesso venivano celebrati matrimoni tra gli abitanti di Usito e quelli di Caraffa.

Il 17 maggio del 1567 a Caraffa ci fu la prima numerazione dei fuochi. Da questa numerazione ci risulta che Caraffa non aveva la chiesa e risultano i seguenti cognomi: Boca, Bubba, Cacosa, Cappozzi, Comitato (proveniente da Amato), Cuchise, Forti, Giubata o Giabati (proveniente dalla Sicilia), Grande (proveniente da Amato), Manisse, Petruccia e Sulli.


il municipio di Caraffa di Catanzaro

La famiglia Carafa mantenne il feudo di Tiriolo, compresi i casali di Caraffa e Usito, sino al 31 luglio del 1610, quando il feudo venne venduto a Carlo Cigala la cui famiglia vi governò fino all’eversione della feudalità avvenuta nel 1816.

Nel 1623 a Caraffa venne costruita la chiesa dedicata a Santa Domenica vergine e martire e il 9 maggio 1624 il Vescovo di Catanzaro, fece la sua visita pastorale a Usito; segno questo che il Casale si doveva trovare ancora nella sua piena efficienza.


la chiesa di Santa Domenica

Il 27 marzo del 1638 in Calabria avvenne un devastante terremoto di magnitudo 7.0. Il suo epicentro era tra Confienti e Nicastro e fu riscontrato in oltre 200 località. Furono colpite le valli del Crati e del Savuto, oltre alle Serre e furono distrutti almeno 100 centri abitati dove ci furono circa 10.000 morti. Nella relazione inviata a Ramiro Núñez de Guzmán, Vicerè del Regno di Napoli, il delegato consigliere Ettore Capecelatro scriveva che “le modeste casucce di Usito e Santo Pietro”, erano state danneggiate solo leggermente.

Dopo il terremoto Usito continuava ad esistere ma, subito dopo, iniziò il lento esodo verso Caraffa. Oggi di Usito rimane ancora la chiesa e la casa di un certo Andrea Comi, che, come raccontano i pronipoti, fu l’ultimo a sloggiare; esiste tutt’ora la chiesa ed è usanza della gente che vi passa vicino togliesi il cappello; tanto che quel luogo ancora oggi comunemente viene detto “Te cu nziern capeglin” (dove si toglie il cappello). Gli abitanti di Usito si trasferirono in parte a Vena di Maida, e gli altri a Caraffa. Da questo dipende la comunanza dei cognomi che esiste tra Caraffa e Vena di Maida.


Uomo di Vena di Maida e donna di Caraffa di Caranzaro
Litografia anonima del 1825

Nel 1688 in seguito alle piogge torrenziali che dissodarono il terreno di tutto l’abitato, i cittadini di Caraffa deliberarono di trasferire il loro Casale in un altro sito, chiamato allora “Serra Gulla” e “Piana dei Fiori”, territorio feudale di Giovan Battista Cigala, 2° Principe di Tiriolo.

Il 3 agosto 1692 fu stipulato un atto tra il Principe di Tiriolo e il popolo di Caraffa. Con questo atto il Principe cedeva al popolo di Caraffa 40 tomoli circa di terreno, pari ad Ha. 120. Il popolo di Caraffa si impegnava a pagare un censo annuo di 6 ducati e 3 centesimi.

Il 28 marzo del 1783 un disastroso terremoto con magnitudo 6.9 con epicentro a nord-est di Vallefiorita venne registrato in oltre 300 siti e scosse l’intera regione. Seguirono repliche per circa tre anni. La crisi sismica lasciò un territorio devastato dai crolli, dalle frane, dalle faglie, spaccature nel terreno, crateri, nuove sorgenti e laghi. In totale furono valutati circa 25.000 morti.


Artur John Strutt raffigura donne e uomini arbëreshë
di Caraffa di Catanzaro. Le donne fanno visita ai mariti
prigionieri mentre uomini armati fanno la guardia.

Il terremoto causò anche una frana nei pressi dell’antico casale di Usito interrompendo la strada che portava a Catanzaro. Anche gran parte di Caraffa venne distrutto dal terremoto, e ci fu un elevato numero di morti. Caraffa era collocata in alto sopra un terreno arenoso e mobilissimo, avendo ai fianchi alcune valli; il suolo su cui poggiava era tutto scosso e aperto e in parte franato, causando così l’intera distruzione dei fabbricati. Il vicino bosco di gelsi fu in parte rovesciato, tanto che, in alcuni siti, non si trovavano più alberi. Quindi, non ritenendo conveniente riedificare Caraffa nel luogo primitivo, si decise di ricostruirlo o in San Giovanni di Truchi, o negli Ortali.

Nel sito dove era rinato Caraffa, iniziarono i lavori per la costruzione della chiesa; il 18 ottobre del 1792 iniziarono i lavori del tetto e di tutte le parti in legno; i lavori terminarono il 18 settembre 1798, con la benedizione della chiesa.

Nel 1807, Caraffa fu Luogo nel Governo di Tiriolo e nel 1811 fu elevato a Comune nel Circondario di Borgia prima e in quello di Tiriolo dal 1852.

Nel 1834 nel corso di un viaggio che ha interessato tutta la Calabria e la Sicilia, giunse a Caraffa Arthur John Strutt, letterato e pittore inglese, il quale descrisse e dipinse in splendidi acquerelli l’abito tradizionale di Caraffa.

Oggi gli abitanti di Caraffa di Catanzaro conservano ancora molti degli usi e costumi del paese di origine come pure l’antica lingua dei padri.

Bibliografia

Domenico Zangari, Le colonie italo albanesi di Calabria, storia e demografia secoli XV-XIX, Casella, Napoli, 1941

Amministrazione Comunale di Caraffa di Catanzaro, Bashkia e Garrafës, Tipolitografia L’Alternativa, Catanzaro, 1999

A. Sciumbata, Storia di Caraffa, U.N.L.A., Caraffa di Catanzaro, 2005

M. Celestino, Viaggio in Arbëria, Prometeo, Castrovillari, 2009

Francesco Maiorana, Caraffa di Catanzaro, Costanzo, 1986

S. Maiorana, Caraffa di Catanzaro, Cenni storici, in “La Cultura di un popolo deve vivere, perché con essa si perpetuano i valori umani”, a cura della Scuola Media Statale “L. Monteleone”, Caraffa di Catanzaro, 1983.

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