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La Sicilia (Siçillja in arbëresh), ufficialmente denominata Regione Siciliana, è una regione autonoma con capoluogo Palermo ed è la più grande isola dell'Italia e del Mediterraneo.

Si ritiene che le più antiche tracce umane rinvenute nell'isola risalgano al XIII millennio a. C.. Popoli provenienti dal Medioriente e da ogni parte d'Europa vi s'insediarono nei vari millenni: tra essi i Sicani, i Siculi e gli Elimi.

Nell'VIII secolo a. C. la Sicilia si vide colonizzata dai Fenici e soprattutto dai Greci che fondarono numerose colonie. Nei successivi 600 anni divenne campo di battaglia delle guerre greco-puniche e romano-puniche. L'isola fu poi assoggettata dai Romani e divenne parte dell'impero fino alla sua caduta nel V secolo d. C..

La Sicilia divenne terra di conquista tanto che, durante l'Alto Medioevo, venne conquistata da Vandali (popolazione germanica), dagli Ostrogoti, dai Bizantini, dagli Arabi e dai Normanni; furono questi ultimi che fondarono il Regno di Sicilia (1130-1816); successivamente il Regno di Sicilia fu conquistato dagli Angioini e, con la rivolta del vespro  (1282-1302), passò agli Aragonesi.

L'isola poi divenne un vicereame di Spagna, passò brevemente ai Savoia e all'Austria e, infine, nel XVIII secolo, ai Borboni, sotto i quali il regno di Sicilia fu unito al regno di Napoli; cosi chè nel 1816 sorse il Regno delle Due Sicilie. Infine la Sicilia entrò a far parte del Regno d'Italia nel 1860.

Molti studiosi si sono cimentati nel cercare di individuare il periodo storico durante il quale gli albanesi sono giunti in Sicilia, senza però riuscire a dare un sicuro inizio della loro prima presenza.

Si sa che verso la metà del XIII secolo e la prima metà del XV secolo si sviluppò un fenomeno migratorio verso la Sicilia e verso altre province meridionali dell'Italia, dove c'era un grande bisogno di lavoro, visto che gran parte della terra fertile era incolta.

A quel tempo le navi siciliane che navigavano nel Mediterraneo, sulla via del ritorno, caricavano spesso schiavi che venivano poi venduti al mercato dell'isola. Tra quelli provenienti dal sud-est Europa, lo storico francese Henri Bresc ha individuato alcuni schiavi, venduti negli anni 1310-1359, molto probabilmente provenienti dalle terre albanesi. Non furono catturati soldati, ma "intere famiglie gettate sul mercato, come nel caso di tre albanesi, un padre di 30 anni, una madre di 20 anni e un figlio di 55 anni, venduti per un totale di 10 once nel 1328".

Rispetto al gran numero di schiavi greci, gli albanesi erano pochi, ma la loro presenza attesta l'esistenza di una rotta marittima che collegava direttamente la Sicilia alle coste dell'Adriatico orientale durante i secoli XIV-XV.

Dopo le guerre del Vespro (1282-1302), in Sicilia molti casali erano rimasti spopolati, come era successo a Mezzojuso, a Palazzo Adriano e nella zona dove poi sorgerà Piana dei Greci. Inoltre la mancanza di contadini era piuttosto critica e, specialmente nella zona occidentale dell’isola, i paesi erano scarsamente popolati. Al riguardo Henri Bresc scriveva che ai pochi centri abitati corrispondeva «una immensa zona del tutto vuota che comprende i feudi dell’arcivescovo di Monreale, dei grandi monasteri e di alcune famiglie dell’aristocrazia residente a Palermo. Rari castelli (Calatamauro, Calatatrasi, Misilmeri, Cefalà, Margana), alcuni “fondachi”, dove i lavoratori agricoli trovano il vino e spendono il loro salario, si alzano nelle campagne vuote d’uomini».

Quindi erano indispensabili dei contadini per rimettere a coltura i territori abbandonati, così che, già dalla fine del XIV secolo, i proprietari terrieri avevano promosso una immigrazione di “zappatores”, dalla Calabria, dalla Liguria, dalla Spagna e da Malta.

Vale la pena di ricordare che, nel 1387, Giorgio di Durazzo (antenato di alcuni dogi di Genova), sua moglie e tre figlioletti fuggirono dalla loro patria a causa della guerra contro gli ottomani. Arrivati nel porto di Messina furono acquistati come schiavi dal genovese Manuele De Valente e condotti successivamente a Genova.

Non mancavano tuttavia lavoratori provenienti anche dall’Albania: fra il 1396 ed il 1429, infatti, si possono censire nei registri notarili di Palermo alcuni lavoratori addetti ai vigneti ed agli oliveti chiamati “de Duracio” (di Durazzo) o genericamente “de partibus Albanie” (dalle parti dell’Albania), oppure “albanenses”, oppure ancora “albanisi”; ma si trattava di una immigrazione episodica, di singole unità, che in breve tempo si integrò nella popolazione palermitana. Sappiamo di "una dozzina di famiglie", principalmente di Durazzo, o come dice Henri Bresc dei sobborghi di Durazzo, si trovavano nella periferia di Palermo, in particolare nel distretto agricolo "Albergheria".

Per quanto riguarda gli insediamenti tutt'ora esistenti sono ancora molti quelli che sostengono che sono stati fondati ancora prima della morte di Scanderbeg e sarebbero dovuti all’arrivo degli stradioti, condotti in Sicilia intorno al 1450 da Giorgio e Basilio Reres, figli di Demetrio Reres, per proteggere con un presidio al Casale di Bisiri (Mazara), la costa ovest dell’isola dalle incursioni dei Valois-Angiò.

Oggi, gli storici moderni hanno dimostrato ampliamente che è tutto falso e tare origine da un documento creato ad arte nel 1665 da Giorgio Reres, arciprete di Mezzojuso, e dal notaio Diego Barretta di Palermo, suo complice, i quali affermavano che esisteva un “diploma” che il Re Alfonso I avrebbe emesso in favore di Demetrio Reres nel 1448. E sulla base di tale affermazione, insigni studiosi quale Pietro Pompilio Rodotà nel 1748 confermò l’esistenza di Demetrio Reres e figli. Ma tutta la teoria sulla base della quale venne determinato l’anno di fondazione di tutti gli insediamenti arbëreshë della Calabria Ultra (oggi le provincie di Catanzaro e Crotone) e della Sicilia si è basata solamente su quanto redatto dal Notaio Diego Barretta per il poco nobile scopo di voler attribuire nobili natali alla famiglia dei Reres di Mezzojuso, albanesi che dal nulla si erano arricchiti notevolmente, inventandosi, appunto la storia di Demetrio Reres e dei suoi figli.

Invece, per determinare il momento della fondazione degli insediamenti arbëreshë di Sicilia, occorre partire da dati certi e, per questo, non abbiamo che un’affermazione dello storico siciliano Tommaso Fazello (vissuto dal 1498 al 1570), e quindi vicino agli avvenimenti, che nelle sue “decadi sulla storia di Sicilia” ha legato l’inizio della diaspora albanese tra il 1453, anno della caduta di Costantinopoli, e il 1482, anno di approvazione dei capitoli di Palazzo Adriano. Ed è in questo periodo che vanno inclusi i primi insediamenti albanesi in Sicilia.

In realtà i primi albanesi giunsero in Sicilia qualche tempo dopo la morte di Giorgio Castriota Scanderbeg, avvenuta nel 1468. Riteniamo molto probabile che quelli che giunsero in Sicilia erano fuggiti dall’Albania dopo la caduta di Kruja e di Scutari nelle mani degli ottomani (1478 - 1479). Venuta meno infatti ogni possibilità di resistenza all’invasione ottomana dell’Albania, la Repubblica di Venezia, il Regno di Napoli e quello di Sicilia costituirono il rifugio naturale degli esuli albanesi.

In Sicilia gli Albanesi furono ben accolti in quei territori dove la peste del 1347 e la malaria avevano dimezzato la popolazione, lasciando molti insediamenti spopolati e abbandonati. Li accolse con favore soprattutto il Giovanni II d’Aragona, Re di Sicilia e zio del Re Ferrante I di Napoli, tanto che li raccomandò al Viceré di Sicilia. Giuseppe Schirò nella sua opera “Canti tradizionali ed altri saggi delle colonie albanesi di Sicilia” ci riporta testualmente la lettera scritta nel 1467 da Giovanni II d’Aragona e indirizzata al Viceré di Sicilia: «.... Adesso, invasi l’Albania e l’Epiro dai Turchi, i predetti Nicola e Costantino, passati nel nostro regno di Sicilia con alcuni coloni, lì desiderano fermarsi. Pertanto noi certi della loro cattolicità, integrità, bontà, onore e valore, tenendo conto nello stesso tempo della loro povertà, dato che hanno abbandonato beni, provincie e poteri nelle mani dei pessimi Turchi, e considerando la loro grande nobiltà, desideriamo, vogliamo e sanciamo che ai predetti coloni Albanesi ed Epiroti dal nostro viceré siano assegnate terre e possedimenti».

L’accoglienza favorevole degli Albanesi, va soprattutto collegata con il bisogno di braccia per l’agricoltura; infatti gli aumenti verificatisi nei prezzi del grano e dei diversi prodotti agricoli, avevano determinato la necessità di ripopolare gli antichi casali in quelle zone dove la peste del 1347 e la malaria avevano dimezzato la popolazione e occorreva rimettere a coltura feudi rimasti a lungo deserti anche «per l’abbandono dei vassalli sfuggiti alle imposte dei donativi continui ed ai soprusi dei feudatari».

Così nacquero le prime colonie albanesi della Sicilia. Queste le possiamo distinguere in due tipi: quelle nate dal ripopolamento di casali abbandonati, cioè Palazzo Adriano (in lingua arbëreshe: Pallaci), la cui fondazione risale al 1482, Mezzojuso (in lingua arbëreshe: Munxifsi), la cui fondazione risale al 1490 e le capitolazioni al 1501, e Contessa Entellina (in lingua arbëreshe: Kundisi), la cui capitolazione risale al 1520; e quelle nate ex novo, cioè Biancavilla (in lingua arbëreshe: Callicari), la cui fondazione risale al 1482 e le capitolazioni al 1488, Piana dell’Arcivescovo (oggi Piana degli Albanesi, in lingua arbëreshe: Hora e arbëreshëvet), la cui fondazione risale al 1488, e San Michele di Ganzaria (in lingua arbëreshe: Shën Mikeli), la cui fondazione risale al 1517 e le capitolazioni al 1534. Altri albanesi si stabilirono a Sant’Angelo Muxaro (in lingua arbëreshe: Shënt’ëngjëlli), a San Michele di Bagheria, a Lipari e a Taormina, dove ancora oggi si ricorda “il Quartiere degli Albanesi” .

Poco dopo il 1488 alcune famiglie albanesi di Biancavilla si trasferirono nella vicina Bronte, dove ancora oggi esistono alcuni cognomi albanesi come Greco, Scafiti, Schiros (Shirò), Schilirò, Triscari, Zappia.

Il 31 maggio 1691 ad 82 albanesi di Piana dell’Arcivescovo fu concesso in enfiteusi il feudo di Santa Cristina (oggi Santa Cristina Gela, in lingua arbëreshe: Sëndahstina), dove si stabilirono su un insediamento preesistente.

Francesco Giunta ipotizza che prima di Piana degli Albanesi ci sono state altre sperimentazioni coloniche in altre zone dell'isola, abbandonate dopo esito negativo. In quest'ambito possono rientrare i paesi in provincia di Catania: di Maniaci e Adrano nella zona pedemontana occidentale dell'Etna, nei feudi di Giovanni Tommaso Moncada, conte di Adernò, nonché a Cansoria (oggi inesistente) a Caltagirone e Piazza Armerina. Quest'ultimo in provincia di Enna.

 

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Biancavilla Bronte Contessa Entellina
Mezzojuso Palazzo Adriano Piana degli Albanesi
San Michele di Ganzaria Santa Cristina Gela
Sant’Angelo Muxaro

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