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INTRODUZIONE

Tra il 1448 e il 1543 un certo numero di Albanesi migrarono nell'Italia meridionale dove fondarono nuovi insediamenti o ripopolarono insediamenti abbandonati. Oggi, in molti di questi paesi sopravvivono ancora gli usi, l'antica lingua dei padri e il rito religioso degli Arbëreshë cioè la minoranza etnico-linguistica di origine albanese.


Icona dell'arrivo degli esuli albanesi in Italia
conservata nella Chiesa del Santissimo Salvatore a Cosenza

Ora, dopo un soggiorno di 500 anni in una nazione in cui avevano pochi contatti con la loro madre patria, occorre stabilire se gli Arbëreshë conservano ancora la loro identità etnica. Si può notare che alcuni paesi hanno perso totalmente la loro identità albanese, altri sono in procinto di perdere tale identità e altri ancora hanno caratteristiche albanesi prontamente identificabili. Comunque nessuno di tali paesi ha mantenuto tutte le caratteristiche albanesi e tutti hanno adottato alcuni aspetti della cultura italiana.

Gli Arbëreshë non sono stati gli unici a stabilire i loro insediamenti nell'Italia meridionale, poichè, già dai tempi dell'antica Grecia, la parte inferiore della penisola italiana aveva attratto i coloni da altre terre, anche se oggi rimangono solo i ricordi del loro soggiorno. Gli Arbëreshë sono gli unici che oggi conservano delle caratteristiche culturali identificabili, mentre gli altri hanno adottato la cultura dei nativi.

Quanto innanzi detto solleva la questione di come e perchè l'identità etnica degli Arbëreshë sia sopravvissuta. Le risposte coinvolgono molti fattori ed è difficile valutare il valore di un fattore rispetto all'altro. Il primo fattore da considerare è il territorio di insediamento che include sia la posizione geografica che la condizione fisica dello stesso. Altro fattore importante è quello culturale, che coinvolge lo stile di vita degli Arbëreshë, la loro religione e il loro innato desiderio di conservare il patrimonio culturale dei loro avi; così che la conservazione di alcuni tratti culturali serve come mezzo per identificare i villaggi Arbëreshë in Italia.

Questi fattori ci indicano inoltre fino a che punto gli Arbëreshë hanno acquisito modi italiani. Oggi sono più italiani di quanto non siano Arbëreshë; la loro vita economica è mescolata con quella degli italiani; piantano e mangiano cibi simili; i loro vestiti sono simili e la loro espressione politica sono gli stessi di quelli italiani. Tuttavia, a causa dell'isolamento dell'Italia meridionale e del desiderio di conservare la memoria dei loro antenati, gli Arbëreshë hanno mantenuto caratteristiche tali da far si che vengano riconosciuti come tali.

I PRIMI COLONI DELL'ITALIA MERIDIONALE

L'Italia meridionale ha conosciuto molti coloni dall'inizio della civiltà europea. I gruppi etnici che si sono stabiliti nell'Italia meridionale prima degli Arbëreshë sono gli antichi greci, i bizantini, i saraceni e i valdesi. Ciascuno di questi gruppi ha stabilito le sue colonie nel sud dell'Italia ma, per vari motivi, nessuno è riuscito a sopravvivere. Sono giunti in Italia in circostanze diverse, sono rimasti come gruppi etnici identificabili per un certo periodo di tempo, e poi la loro identità è andata persa. Solo gli Arbëreshë sono rimasti ben identificabili fino ai nostri giorni.

Gli antichi abitanti dell'Italia meridionale

L'Italia meridionale aveva i suoi gruppi indigeni già al tempo in cui la civiltà greca stava fiorendo: i Lucani e i Bruzi. In Sicilia c'erano i Siculi e i Sicani. Queste persone vivevano sulle colline lontano dalla costa e il loro sostentamento dipendeva da ciò che la foresta poteva offrire. Non hanno stabilito civiltà e i futuri coloni sono stati in grado di esercitare il controllo su di loro. La loro presenza nell'entroterra non ha ostacolato i tentativi degli antichi greci, bizantini e saraceni di insediarsi nelle varie zone costiere.

Gli antichi Greci

I primi coloni a giungere nell'Italia meridionale furono gli antichi greci, che arrivarono nel IX secolo a.C.. Questi giunsero principalmente dal Peloponneso, una terra che è fisicamente abbastanza simile all'Italia meridionale. Le colonie greche sorsero lungo la costa ionica, da Taranto allo stretto di Messina, per proseguire lungo la costa orientale della Sicilia.


le colonie greche nell'Italia meridionale

I greci non incontrarono nessuna grande opposizione da parte dei nativi per diverse ragioni. Infatti i nativi vivevano prevalentemente sulle colline, mentre i greci erano un popolo marittimo ed avevano scelto i siti portuali adatti; inoltre le fertili aree agricole erano lungo la costa e non all'interno.

Ad eccezione di sporadiche incursioni dei Lucani e dei Bruzi, i Greci non furono ostacolati nello sviluppo di città-stato simili a quelle della loro patria. Alcune di questi erano Taranto, Metaponto, Sibari, Crotone, Reggio Calabria, Siracusa e Agrigento.

Queste città-stato greche prosperarono per un periodo di 500 anni, approssimati-vamente dal IX secolo al IV secolo a.C., ma poi subirono un rapido declino dovuto al sorgere di Roma e Cartagine.

Oggi non vi sono poche tracce dei discendenti dei coloni dell'antica Grecia. I greci hanno lasciato solo ricordi, ora in rovina, del loro soggiorno nel sud Italia; tra questi c'è il tempio di Metaponto, il contorno di una città a Thurii, un pilastro a Crotone, un teatro a Siracusa e un tempio ad Agrigento. Lo sradicamento del gruppo etnico è completo, e solo le tracce della lingua greca rimangono nei dialetti italiani parlati dai pugliesi, calabresi e dai siciliani. I greci che vivevano in queste città-stato furono assimilati allo stile di vita dell'impero romano ed altri ritornarono nella madre patria.

I bizantini

Durante la dominazione dell'Impero Romano, nell'Italia meridionale non giunse alcuna migrazione. Poi, con il decadimento dell'Impero e l'instabilità che accompagnò il suo declino, i Bizantini iniziarono a cercare nuovi territori da occupare e governare.


la presenza dei Bizantini nell'Italia meridionale

Dal settimo al dodicesimo secolo, l'Italia meridionale fu teatro di lotte tra Roma e Costantinopoli che cercavano reciprocamente di essere il centro dominante della Chiesa cristiana. La lotta ebbe inizio a Costantinopoli come una controversia iconoclasta che portò alla persecuzione dei membri del clero. L'Italia e Roma divennero sedi dei gruppi avversari.

In precedenza il Papa controllava la Calabria e la Sicilia, ma, con l'intensificarsi della lotta, queste aree furono poste sotto il dominio del Patriarca di Costantinopoli. Così l'Italia meridionale passò sotto l'influenza dei Bizantini e dall'ottavo al dodicesimo secolo la cultura bizantina dominò la regione.

L'arrivo dei Bizantini fu molto diverso da quello degli antichi greci. I Bizantini non erano alla ricerca di nuove terre da colonizzare, ma volevano mantenere una solida presa sul territorio governato dal Papa.

Infatti il Patriarca di Costantinopoli mandò molte truppe e membri del suo clero nell'Italia meridionale e ciò ha avuto un'influenza sulla cultura della regione che, durante il dominio bizantino, ha avuto un forte carattere ellenistico. Poi il dominio bizantino lentamente si indebolì e, alla fine del XII secolo, fu completamente rimosso dall'Italia meridionale.

Oggi nell'Italia meridionale non ci sono più colonie di Bizantini; la loro influenza rimane solo nella forma dell'arte. Nelle città di Bari, Taranto e Palermo ci sono chiese dal design bizantino e i cui interni sono decorati secondo lo stile bizantino.

I Saraceni

Dall'VIII al XII secolo, i Saraceni esercitarono un'influenza in tutta l'Italia meridionale. La base di partenza dei Saraceni era la regione ora divisa tra Siria, Israele, Giordania e Arabia Saudita. Dal VI al IX secolo, i Saraceni avevano acquisito il controllo dell'intera costa del Nord Africa dove le loro flotte avevano stabilito le basi per le loro incursioni sul continente italiano e sulla Sicilia. Alla fine del IX secolo tutta la Sicilia era sotto il controllo dei Saraceni.

I Saraceni erano arrivati in Italia durante il periodo di lotta tra Roma e Costantinopoli. Questa lotta aveva indebolito qualsiasi opposizione agli invasori, che sbarcarono sulla punta occidentale della Sicila nell'827 prendendo il controllo totale dell'isola nell'878.

Fatta eccezione per l'occupazione relativamente breve di Bari, i Saraceni non riuscirono a conquistare altre città sulla terraferma, ma le loro flotte fecero diverse devastanti incursioni nelle città costiere dell'Italia Meridionale.

La presenza dei Saraceni nel sud dell'Italia è durata per circa 200 anni. Un gran numero di loro si stabilì nella zona di Palermo, dando origine ad un'alta cultura araba.

Poi, la forte opposizione alla religione musulmana da parte sia della Chiesa sia orientale che occidentale, la corruzione interna e la conseguente decadenza del governo e, infine l'arrivo dei Normanni che, incoraggiati dal Papa, riconquistarono la Sicilia, fecero si che, alla fine del XII secolo, tutte le tracce del dominio saraceno venissero rimosse dall'Italia meridionale.


Ruggero I di Sicilia e Roberto il Guiscardo ricevono le chiavi della città di Palermo dai Saraceni

Oggi dell'occupazione saracena rimangono gli stili architettonici, le pratiche agricole e i toponimi, ma non ci sono gruppi di persone che si identificano come discendenti dei Saraceni. A Palermo ci sono chiese con interni adornati secondo l'arte araba e diverse località della Sicilia hanno nomi di luoghi arabi, eppure nell'Italia meridionale l'opposizione alla presenza stabile dei Saraceni fu così grande che alla loro lingua e religione non fu permesso di sopravvivere.

I Valdesi

L'habitat di origine dei Valdesi era ad est delle Alpi Cozie, nella regione che separa il Piemonte dalla Savoia. Oggi la regione è politicamente parte dell'Italia, ma durante il periodo medievale faceva parte del Sacro Romano Impero, con vescovi e piccoli sovrani che esercitavano il potere locale. Durante il XII secolo, un certo numero di valdesi furono indotti a migrare nella parte nord-orientale della Calabria a causa delle persecuzioni religiose subite in patria.

La Calabria in quel momento era in gran parte sottopopolata e i governanti locali offrirono ai Valdesi un terreno per l'insediamento, oltre alla libertà di culto. Quest'ultima offerta era attraente per i Valdesi perchè, anche se si consideravano parte della Chiesa cattolica romana, erano trattati come eretici a causa di alcune delle loro credenze, come, ad esempio, quella di non credere nel Purgatorio.


donne Valdesi di Calabria con il loro costume della festa

Anche se provenivano dal nord dell'Italia, in Calabria i Valdesi si dimostrarono agricoltori di successo. Fondarono le città di San Sisto dei Valdesi e Guardia Piemontese e, per oltre 200 anni, prosperarono talmente che, all'inizio del XVI secolo, si stima che il loro numero fosse tra i seimila e settemila.

Ma, dal momento del loro arrivo, i Valdesi erano visti con sospetto dai nativi a causa delle loro pratiche religiose e della loro lingua che era un neo-latino o una derivazione del francese. Nel 1561, sottoposti dall'Inquisizione alle persecuzioni, i Valdesi si ribellarono provocando l'intervento delle truppe spagnole del Vicereame di Napoli, che fecero migliaia di vittime.

Tutto quello che oggi rimane dei Valdesi, accanto ai racconti storici, sono i nomi dei paesi che hanno fondato e i costumi delle donne che vengono indossati nei giorni di festa.

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