Cervicati (in lingua arbëreshe: Çervikat) è un comune della provincia di Cosenza. Il paese è situato nella media valle del Crati, nel versante interno della Catena Paolana, su un poggio sottostante al crinale del contrafforte che divide la valle principale da quella del fiume Esaro.

 

Storia di Cervicati

Le notizie storiche su Cervicati, detto anche "Monte Verno" o "Monte Velso" sono scarse. Alcuni storici ritengono che sia stato fondato nel 969 su un colle chiamato “Castrocucco”, chiamato Castrocucco, mentre nel 1050 Roberto il Giuscardo, condottiero normanno (poi conte e duca di Puglia e Calabria) ordinò la costruzione dell'abbazia cistercense di Santa Maria ad Nives in contrada Conicella, la cui chiesa fu consacrata nel 1066 e della quale restano solo i ruderi.

Il casale di "Cervicatum" era incluso nei registri angioini del 1276 e contava circa 704 abitanti; il feudatario del casale era un certo "Iacobus de Cervicati".

Nel 1345, quando il casale di Cervicato apparteneva a "Guglielmo di Cervicatis”, quest’ultimo trasformò il feudo rustico in feudo urbano del Montenomo (o di San Lorenzo) in territorio di San Marco (oggi San Marco Argentano).

Dal 1421 Cercivati, che faceva parte del ducato di San Marco, apparteneva alla famiglia Sanseverino.

Non è chiaro quando Cervicati, già abitato da una popolazione autoctona, accolse una colonia di profughi albanesi; il paese venne censito nel 1502 per 13 fuochi albanesi, ma nel 1503, quando il paese risultava come "Cervicali", non presentava alcun fuoco albanese; il che può significare che non aveva un numero sufficiente per la conta o, come era in uso a quel tempo, si erano nascosti per non pagare la tassa sul focatico.

Da questo momento in poi, non si hanno più notizie di Cervicati. Infatti, dal censimento del 1508 si rileva che “Cervicali” esisteva solo di nome ma non venne riscontrato alcun pagliaro e nessun fuoco.

Si presume che il paese riprese nuovamente vita prima del 1518, con l’arrivo di un contingente di albanesi destinati a Cervicati da Bernardino Sanseverino, principe di Bisignano e duca di San Marco.

 

Pietro Antonio Sanseverino, figlio di Bernardino, intorno al 1540, vendette il feudo di Cervicati a Giovanni Tommaso Cavalcante. Il casale venne censito nel 1543 quando vennero contati 25 fuochi.

Nel 1588, Pietro Paolo Cavalcante, figlio di Giovanni Tommaso, vendette il casale di Cervicati a Cesare Sersale con il titolo di barone.

Gli albanesi di Cervicati riuscirono a mantenere il rito greco-bizantino sino all’inizio del XVII secolo ma, a causa della mancanza di sacerdoti preparati appositamente, la pratica della religione secondo il loro rito si interruppe nel 1607, quando fu imposto loro il rito latino, “obbligati dalla necessità di dover ricevere per direttori i Latini”. Poco dopo la popolazione chiese di poter ripristinare il rito greco-bizantino, ma la decisione del Santo Uffizio fu negativa, come da decreto del papa Paolo VI del 21 marzo del 1609.


la chiesa di San Nicola di Bari

Nel 1631 Cervicati venne venduto ai Maiorana e infine i Guzolini che acquistarono il feudo di Cervicati nel 1636.

Nel 1647, dopo alcuni diverbi con il barone Flavio Guzzolini, gli albanesi di Cervicati, i quali avevano avuto un’offerta interessante dal duca di San Marco, si trasferirono a San Marco Argentano, ricongiungendosi con i loro “compratioti” ivi residenti.

La cosa preoccupò il barone di Cervicati, perché, se il casale fosse risultato spopolato, lo Stato avrebbe riacquisito il feudo. Così che il barone resosi conto delle conseguenze, si giustificò immediatamente col Marchese di Fuscaldo, Preside della provincia di Cosenza. Alla fine, l’Udienza di Cosenza ordinò che il barone si dichirasse disposto a scendere a patti con gli Albanesi. Il barone quindi accordò agli albanesi una dilazione nel pagamento dei debiti a patto che finisse la loro protesta e tornassero nel casale.

Secondo i registri del Catasto Onciario, nel 1753 gli abitanti di Cervicati erano circa 500 e la maggior parte di essi figurava con la qualifica di “bracciale”, ossia bracciante seguita da quella di “massaro di campo” e da quelle di “custode di bovi” e “gualana”. Erano presenti anche le qualifiche di “mastro muratore”, “mastro ferraro”, “mastro calzolaio”, “mastro sartore”.

Il feudo rimase ai Guzolini fino alla fine del feudalismo nel 1806. L'ordinamento amministrativo disposto dai Francesi per legge 10 gennaio 1807 ne faceva un Luogo, ossia Università, nel Governo di San Marco. Quando i Luoghi e Governi, con la legge di riordino del 4 maggio 1811, vennero mutati in Comuni e Circondari, Cervicati restò nella stessa condizione nei confronti di San Marco. Nel 1928 veniva considerato frazione di San Marco, ma nel 1937 riacquistava l'autonomia.

All’inizio del ’900 Cervicati subì notevoli danni per il terremoto; nel 1929 divenne frazione di San Marco Argentano, tornando a essere comune autonomo nel 1937.

Da vedere

Il paese è costituito da due nuclei storici, che costituiscono un contesto di particolare suggestione, arroccati su una collina e che si sono sviluppati attorno agli epicentri costituiti dalla chiesa dedicata a San Nicola di Bari e dalla piazze.


il palazzo baronale Guzzolini

Il centro storico è costituito da un agglomerato di case semplici, addossate le une alle altre, è arricchito da vicoli e piazzette. In una posizione dominante sta il Palazzo Baronale, dall’architettura essenziale e rigorosa.

La Chiesa di San Nicola di Bari è un’antica cappella votiva, con campanile a orologio, risale al Seicento e contiene diverse opere d’arte, tra cui dei dipinti parietali, un organo a canne ed un Crocifisso snodabile di scuola napoletana.

Sono caratteristici anche i portali di varie case, con stemmi tufacei e gli archi sovrastanti (Supportici) che, in altri tempi, impedivano o permettevano l’accesso al paese.

Le tradizioni popolari

Testimonianza della presenza albanese sono soprattutto i costumi usati nelle manifestazioni folkloristiche e nelle piccole attivitá artigianali tra cui proprio la produzione di vestiti tipici degli arbëreshë.

Oggi è molto sentita e rinnovata la tradizione della “vallja” (ridda) che si esegue di solito nei giorni di Carnevale con grande afflusso di pubblico. In questa occasione le donne indossano i costumi tradizionali degli arbëreshë di Cervicati; nei primi due giorni i vestiti usati sono di velluto, mentre l’ultimo giorno viene indossato il vestito di gala, in seta laminata e raso gallonato in oro.

   
a sinistra il costume tradizionale di Gala; a destra il costume tradizionale in velluto

Altra tradizione molto anticha, a testimonianza di una civiltá contadina improntata al rispetto reciproco e alla ricerca di forti legami di solidarietá, era quella della “motrima” (sorellanza) e della “vulama” (fratellanza).

Questa consisteva nella consuetudine di inviare agli amici, opportunamente preparato su una tavoletta forata, un mazzo di fiori chiamato “u ramagliettu” posto in un vassoio e coperto da un fazzoletto di seta. Lo scopo era quello di rafforzare ulteriormente i legami d’amicizia o di crearne un’altra più forte nel tempo.

Molto forte è il sentimento religioso popolare, espresso da canti originali e suggestivi. La festa patronale in onore di San Rocco ricade il sedici agosto.

Bibliografia

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